domenica 19 agosto 2012

Arrevuoto, o del Salerno Tango Festival


Arrevuoto. Quando mi hanno chiamato tempo fa Giampiero e Peppe parlandomi di un nuovo evento nel panorama tanguero, ho subito avuto la certezza che il Salerno International Tango Festival sarebbe stata una grande kermesse. 

Perché il loro genuino entusiasmo unito ad una profonda conoscenza dell'ambiente tanguero mondiale avrebbe contagiato moltissimi appassionati pronti a scommettere su Salerno. 

E così é stato. 

Sebbene lo abbia vissuto parzialmente, mi é entrato nella pelle fin da quando sono atterrato in pista. Una grandissima energia coniugata ad una voglia di divertirsi libera da orpelli, finte amicizie, ipocrisie formali che talvolta avviliscono e rendono stantio le manifestazioni nazionali. Vedere ballare dalle 22.00 fino all'alba, senza fermarsi una pista dinamica e vogliosa di interpretare ogni orchestra, ogni ritmo, ogni singolo brano come se fosse l'ultimo della notte é davvero impagabile. I reportage fotografici che affollano il web, facebook, ed altri social network spesso raccontano più di mille parole, ma meno di un semplice abbraccio. Per quello bisogna sempre affidarsi alle emozioni dal vivo. 

La gran milonga del sabato ha registrato una straordinaria performance di Julio Balmaceda y Corina De La Rosa. Era tanto, troppo tempo che non mi gustavo una loro esibizione dal vivo. Ed ancora una volta non sono stato deluso. Ancora una volta ho visto l'epifania del tango, un incedere di movimenti  che non sono un mero esercizio fisico ma disegnano la musica riempiendone lo spazio. Una densità musicale e giocosa con un timido accenno di teatralità che volutamente gli artisti hanno riservato all'ultimo brano, uno splendido ed ipercalorico di pathos Nonino. Struggente nel finale  che porta all'acme la summa del ballo di Julio e Corina e la loro filosofia, raccontare la vita e le sue emozioni attraverso il tango. 

Ballare a ridosso del mare, incastonati nell'incipiente Costiera ha aggiunto un ulteriore fascino questo é indubbio, ma il segreto della seduzione del Salerno Tango Festival é racchiuso secondo me nella partecipazione di un  pubblico grande , non solo nei numeri, ma in primo luogo nel calore e nell'approccio mentale. Su questo ha inciso la sua composizione geografica con presenze da ogni landa, Nord Europa, Russia ed Est, Francia, Germania, Italia, Extra UE si sono affiancati come tessere di un magnifico puzzle. DJ di altissimo livello, maestri strepitosi, oltre a Julio e Corina,  Mario Consiglieri ed Anabella Diaz Hojiman, Fausto Carpino e Stephanie Fesneau, hanno innescato la miccia di una bomba energetica che era difficile ipotizzare alla prima edizione. 

Molte volte sottovalutiamo l'apporto dello staff e di quanti in giro per il mondo cercano di promuovere una iniziativa, spesso senza avere alcuna gratificazione materiale, ma solo con il compenso intimo di aver contribuito a renderla migliore. Qui a Salerno ho visto un gruppo che senza gerarchia si occupava di ogni minimo dettaglio, dove anche gli organizzatori in prima battuta facevano il lavoro "sporco". Un segnale importante che rende il tutto più umano e cancellando ogni distanza tra pubblico, artisti e macchina organizzativa rende il festival proprietà di chiunque decida di parteciparvi. 

Ho alcuni flash che a distanza mi scattano dinanzi agli occhi, dal pubblico in movimento osservato dall'alto della consolle, all'abbraccio di Julio e Corina, ai grandissimi tangheros che consumavano la pista, citarli tutti sarebbe impossibile, farei un toro a tanti amici, ma davvero ho visto un livello spaziale. Le ultime due - tre ore erano davvero una delizia per gli occhi, con ballerine fantastiche tali da farti passare la voglia di musicalizzare e scendere l'altra parte della barricata. Mi ha fatto piacere vedere tanti colleghi, sembrava un congresso del sindacato dei TJ. 

Cosa mi rimane di Salerno oltre all'attesa della prossima edizione? 

L'alba  che come una sindone fa trasparire sui volti sfatti dalle fatiche notturne la gioia del tango e lo sguardo soddisfatto di Giampiero e Peppe, due inguaribili sognatori contenti di aver procurato tale gioia. E'stato più difficile del solito per me concludere questa serata, scegliere l'ultima tanda, forse perché inconsciamente non avrei mai voluto chiudere. Ma sono sicuro che ogni tanghero dopo questo festival continuerà a portare con sé la colonna sonora di Salerno. 

Al tango non si sfugge…anche quando la musica all'esterno ha cessato di suonare.

Intervista Corriere della Sera - Corriere del Veneto

Intervista apparsa sul Corriere della Sera / Corriere del Veneto
Sabato 18 agosto 2012.



Trapano mon amour, Driller Killer


Maledizione e redenzione, nevrosi metropolitane e complessi derivanti dall'educazione cattolica. Gli stilemi della sua produzione matura sono già presenti in The Driller Killer del 1979.

 E' in questo thriller urbano, teso e volutamente scomodo che uno dei registi morbosi per eccellenza, Abel Ferrara si fa le ossa. Studia per girare da grande capolavori del calibro de Il cattivo Tenente, Fratelli e King of New York. Un pittore d'avanguardia, interpretato dallo stesso regista, alle prese con uil problema insormontabile di creare e soprattutto gestire i rapporti umani, si diverte a trapanare dei poveri clochard in giro. Le immagini sono crudeli e stranianti e riportano con nostalgia alle avanguardia a cavallo fra i '70 e '80. 

Non vale la pena dannarsi per ricercare una morale nel film, qui siamo dalle parti di una esplosione psichedelica senza precedenti dove la narrazione é il pretesto per dare sfogo alle personali ossessioni del regista. Una pellicola interessante che lancia uno squarcio su alcune zone d'ombra della nostra personalità e che in alcune occasioni pare addebitare ogni gesto violento alla follia che spesso investe l'intera città e l'umanità stessa.

sabato 18 agosto 2012

Furore, l'epica "popolare"di John Ford


Ci sono dei film  a cui l'aggettivo epico calza a pennello. Vero, ne sono pochi, e forse nell'ultimo ventennio ne sono usciti in numero ridotto, specie se paragonato all'epoca d'oro di Hollywood. Furore é uno di questi. 

Uno dei capolavori del leggendario John Ford, la quintessenza del cinema americano, che nel 1940 riadattó per il grande schermo un celebre romanzo di Steinbeck. La trama vede al centro dell'azione Henry Fonda nei panni di Tom joad, un galeotto che scontata la condanna torna dalla sua famiglia e la trova vessata dalla banche e dalla siccità. Siamo nel pieno della Grande Depressione e l'unico modo per dare una svolta ad una misera esistenza  é cambiare vita. Ma per la povera gente questo sembra impossibile, per quel brulicare di persone affamate che perdono " gli anelli più deboli "della catena lungo la strada pare un miraggio. Solo la caparbietà e l'ostinazione di mamma Joad riescono a tenere unita la famiglia. Giunti in un campo profughi Tom cerca di bloccare dei sobillatori  e successivamente inseguito dalla polizia perché ha assassinato uno dei responsabili della morte del suo amico , il predicatore Casey, decide di continuare il suo viaggio verso il sogno americano. 

Di questo capolavoro mi affascinano le immagini corali, il popolo in marcia, il senso quasi biblico della fotografia di Gregg Toland. La mia associazione di idee riporta i grandi piani immagine con l'esodo del popolo d'Israele nei Dieci Comandamenti. Credo che nessun regista abbia mai eguagliato la grandezza di Ford nel rendere monumentale gli umili, il popolo che attraverso una lotta contro un destino ingrato ed avverso cerca di riscattarsi. 

Certo, forse alcune interpretazioni del capolavoro di Steinbeck ed il finale ottimistico appaiono ingenue a distanza di anni, ma la voglia di solidarietà e giustizia al servizio della povera gente rimane ancora oggi di grande attualità. Un film dedicato a quanti riducono John Ford ad un mero regista di western o un conservatore pieno di pregiudizi e non vogliono leggerne l'alfiere ed il cantore della religiosità laica. Quel sentimento endemico e sotterraneo che ha costruito il popolo americano.