giovedì 27 settembre 2012

Epico ed eroico, Fitzcarraldo


Non c'e'nessun regista più grande di Werner Herzog nel descrivere le ossessioni impossibili dell'uomo, quell'ostinarsi nel compiere gesti estremi di fronte alla natura che evocano la temperie romantica. E non é un caso se Herzog é tedesco. 

Certo, il suo capolavoro assoluto é Aguirre, ma anche Fitzcarraldo, la storia dell'avventuriero Carlos Fitzgerald che sogna di far risuonare l'opera lirica nel cuore dell'Amazzonica, pur con qualche nodo insoluto , é un gran film. Estremo, come sono estremi il suo regista e gli eroi della sua filmografia. Uomini solitari, e già per questo grandi che combattono sfide nel nome di una idea. 

In Fitzacarraldo c'é tutta la follia di un uomo, un regista che ha dichiarato testualmente: "Non si può e non si deve considerare il cinema come se dipendesse solo da ciò che si vede sullo schermo. Per avere quel particolare materiale, bisogna fare cose inaudite. Questo non mi fa paura. Se davvero é utile, per il cinema sono in grado di fare cose che altri non farebbero. Continueró a fare film soltanto inno a quando sarò fisicamente integro". 

Epico.

Che amore quello di Amores Perros...


Rivisto dopo alcuni anni Amores Perros di Alejandro Inarritu mantiene ancora intatti gli stilemi di film sordido e maledetto, ragion per cui ha l'aura di cult. Una pellicola debitrice alle visioni kubrickiane ed alle narrazioni sincopate in episodi di Quentin Tarantino che peró mostra in maniera personale un universo interamente dominato dalla violenza. Ad ogni livello. E con comune denominatore i cani , che diventano il driver narrativo nei tre episodi che si dipanano a partire da un terribile incidente automobilistico. 

Se nel primo Octavio vuole scappare dalle luride favelas con la moglie guadagnando nelle lotte fra i cani facendo combattere il suo, nel secondo episodio un direttore di una rivista patinata molla la famiglia per abbandonarsi con una modella ed il suo barroccino, per arrivare alle vicende de El Chivo, un killer, ex terrorista, che vive come un barbone in una muta di cani randagi, che sogna di donare una piccola rendita alla figlia abbandonata in gioventù, facendo fuori più persone possibile. Geniale il cambio di passo e stile in ogni episodio che tiene incollati sulla poltrona fin dall'incipit con il brutale combattimento tra cani e prosegue senza un hippy ending con lo scomparire in un piano sequenza del killer. 

Inarritu sembra forse indicarci la via del riscatto… dopo l'amore e l'odio solo la morte può rigenerare, ma a che prezzo? E soprattutto si può scampare agli scherzi del destino? Ed allora andiamoci a rivedere anche 21 Grammi e Babel... 

martedì 25 settembre 2012

La grande fuga da New York


Manhattan non è più il cuore di New York, l’anima degli affari del mondo occidentale, ma un gigantesco carcere di massima sicurezza dove la più  efferata criminalità vive nel caos. Non esistono vie di collegamento con il resto del mondo, una metropoli in cui i delinquenti cercano di eliminarsi l’ uno con l’ altro in uno spietato gioco del futuro.
Il grande regista John Carpenter , in questa pellicola del 1981 preannuncia con anticipo la dissoluzione della società contemporanea che si distrugge autoalimentandosi, fagocitandosi dall’interno. Il degrado però, sembra essere veicolato nello stesso sangue marcio dei personaggi. Non esistono buoni e cattivi, il presidente USA e l’eroe degradato “Snake” interpretato da un magistrale Kurt Russell, sono le facce di una stessa medaglia. Forse l’ ultimo grande western nel senso più classico del termine, girato in una sterminata prateria del futuro dove la redenzione è lontana dal venire.
La visione apocalittica di Carpenter dove tutti hanno qualche peccato solo apparentemente è stemperata dall’ ironia di alcuni personaggi. Quel meraviglioso paesaggio urbano contaminato e deturpato fino all’inverosimile, ci penetra nella mente e si imprime  nella memoria fino a far assumere a questo film , lo status di cult movie.