La prima volta al Roma Tango Meeting.
Un’esperienza che ha lasciato il segno. Un segno indelebile nella mia anima tanguera più profonda, così profondo da superare le mie pur grandi aspettative. Già coniugare il fascino senza tempo della Caput Mundi con la passione tanguera sulla carta risulta un binomio vincente. Ma la realtà ha in modo netto oltrepassato fantasie e viaggi mentali.
Sono stati quattro giorni intensi, tutti nel segno della convivialità tanguera e della voglia di tango che hanno contagiato le austere e rigorose geometrie razionaliste del Salone delle Fontane. Mai contrasto genera dionisiaca passione, l’archiettura ordinata ed onirica di stampo dechirichiano, permettemi il neologismo, o meglio i vuoti e pieni di Sironi che si sposano con la follia creativa di quello che solo apparentemente può definirsi ballo, ma in realtà è un vero e proprio universo, un cosmo di movimenti, personalità, emozioni, musica, dinamica.
Carlo Paolantoni ha organizzato un evento bellissimo sotto ogni punto di vista, che non ha concesso il fianco ad alcuna sbavatura, coadiuvato da un team di amici mossi in primo luogo dalla passione, e dalla voglia di superare ogni ostacolo. Si potrebbe obiettare che è facile ottenere un successo con una location simile ed un cast di artisti di tale portata. Assolutamente no. Bisogna calibrare ogni minimo dettaglio, accogliere il pubblico e farlo sentire in un’atmosfera familiare, scegliere le luci ad hoc per ogni momento della serata, programmare i temi delle classi secondo le esigenze dei partecipanti ed ultimo, non banale, motivare i ballerini a dare il massimo. Come se dall’esibizione al Salone delle Fontane dipendesse l’esito di carriere già fulgide da tempo. Vedere mille persone ballare piacevolmente fino all’alba, applaudire senza interruzioni le performance dei maestri e richiedere bis alle orchestre, è personalmente una gioia che rinnova ogni volta la mia affezione verso questo mondo. Dove l’afflato poetico del pubblico interagisce con la vis creativa degli artisti argentini. È da questa relazione che prende linfa vitale ed ogni volta supera se stesso il tango. È da questa combinazione di cui ancora nessuno riesce a detenere la formula alchemica che scaturisce una naturale ed affascinante evoluzione che rende il tango argentino irriducibile a qualsivoglia altro ballo / danza.
Perché quando al Salone delle Fontane assistiamo alla performance di Chicho e Juana entriamo direttamente in un universo dove poter accedere magicamente alla “stanza di controllo delle emozioni”. Quelle emozioni che affiorano prepotentemente nell’interpretazione suggestiva di Fabian e Lola de “Ultimo Tango en Buenos Aires”, nella più che ontologicamente corretta “La vida es una milonga” magistralmente eseguita da Damian e Celine, o “Mi dolor “ grondante un abbagliante pathos di Sebastian e Mariana. Ho registrato davvero delle performance di altissimo livello, In quattro giorni si sono succedute tutte le possibilità dello scibile tanguero, in grado di soddisfare amanti dell’improvvisazione, della coreografia, del salon, dell’innovazione, delle sonorità classiche e contemporanee con un unico comune denominatore, il tango. Quando questo è rappresentato ai massimi livelli trasfigura genesi popolare e ricerca artistica creando un mix straordinario che nella cornice del Salone delle Fontane diventa quasi irripetibile.
Spesso dicono che la musica dal vivo rappresenti un freno alla voglia di ballare, forse è una definizione che non si addice all’Hyperion Ensemble che ha sciorinato uno dietro l’altro dei reimpipista incredibili con il pubblico incollato al piso che avrebbe voluto continuare a ballare sulle note di questa che ormai è l’orchestra per antonomasia dei festival.
Tante sono le immagini che si affastellano nella mente ma quella che emerge con arrogante irruenza è l’alba che fa capolino come per magia dalle vetrate del Salone delle Fontane. Ed allora, abbandonare dopo le 06.30 questo luogo incantato per ritornare a casa, attraversando in auto una Roma placida e assonnata vale di per sé il prezzo del biglietto. Eccoci inaspettatamente protagonisti di un dipinto di De Chirico. Che il tango al Salone delle Fontane, come avevo già scritto in precedenza sia davvero metafisico?