Spesso capita ai vincitori del premio nobel di cadere nell’oblio ed a distanza di anni vengono totalmente ignorate le ragioni per cui hanno ottenuto un premio così prestigioso.
Fra queste vittime della damnatio memoriae del riconoscimento di Stoccolma rientra di sicuro il grande Knut Hamsun vincitore del Nobel per la Letteratura nel 1920 che ben pochi conoscono e leggono. Di certo ha contribuito a questa situazione l’adesione dello scrittore norvegese al governo filonazista durante la Seconda Guerra Mondiale cui seguì l’internamento in manicomio e la morte in solitudine nella sua casa di Nroholm ultranovantenne nei primi anni’50. Tra le sue opere certamente una delle più affascinanti è il romanzo Fame, sorta di autobiografia bohemienne di un giovane pieno di tantissime speranze ma totalmente squattrinato che cambia e si adatta ai più umili lavori. Riesce dopo molte traversie a farsi pubblicare un articolo e con la paga a sopravvivere qualche giorno, ma l’ostilità della città e della società contemporanea gli fa prendere una drastica decisione: imbarcarsi su una nave russa. Protagonisti sono la fame atavica del giovane bohemienne ed il suo costante oscillare in una realtà sospesa tra il sogno e la cruda oppressione dei bisogni fisici. Indimenticabili sono i monologhi durante le passeggiate notturne, un capolavoro del naturalismo del primo Novecento quando lo spirito vitale di un’intera gioventù sembrava doversi prendere una rivincita ed affrancarsi dalla vecchia e trita società ottocentesca.
Ma l’ombra della tragedia nazista è dietro l’angolo e dalle pagine sembrano affiorare gli echi. E d’improvviso mi appare l’immagine del viandante sul mare di nebbia… una assonanza quanto mai dovuta…
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