lunedì 2 aprile 2012

Aelita il sogno fantascientifico costruttivista


Ci sono opere cinematografiche che inevitabilmente sono datate, non tanto cronologicamente, ma per l’essere ancorate ad ideologie che ormai la storia ha superato. Non di meno il loro fascino in quanto opera d’arte rimane immutato. Aelita di Jakov Protazanov, rientra in questa casistica. Girato nel 1924, al di là dell’intento propagandistico con cui fu propinato alle masse rappresenta una pellicola d’avanguardia attuale per quelle suggestioni architettoniche che solo il cinema sovietico ha saputo offrire. Strepitose sono le architetture fantascientifiche, che con studiati criteri geometrici sono rese mediante complesse scenografie costruttiviste, una corrente artistica il cui protagonista indiscusso fu Tatlin. Estremo ed ardito in alcune soluzioni ma geniale, al pari di stare insieme alle scene fantastiche di melis e Fritza Lang. Il viaggio immaginifico su Marte era per il suo regista l’escamotage per narrare mondi fantastici e rigorosi, dove il rigore è quello delle insolite architetture che finiscono per frastornare lo spettatore. Ma a distanza quasi di un secolo, se il plot narrativo è indigesto ed astruso ci si può tranquillamente abbandonare alla bellezza delle immagini. Arte per l’arte, … ma non ditelo ai costruttivisti.

domenica 1 aprile 2012

Aspettando Torino Tango Festival n.12


A Pasqua ritorna l’appuntamento con Il Torino Tango Festival. Imperdibile per gli amanti ed appassionati del tango argentino. Anche per questa edizione la possibilità di gustarsi alcune tra le coppie di artisti più rappresentative nel panorama mondiale. La cornice del Lingotto, edificio gloria della svolta industriale del BelPaese, adiacente ad un tempio dell’enogastronomia di qualità quale Eataly, farà da sfondo ad una kermesse che preannuncia i fuochi artificiali. Sebastian Arce e Mariana Montes, Esteban Moreno e Claudia Codega, Damian Rosenthal e Celine Ruiz, El Pajaro Riemer e Maria Belene Giachello, Sebastian Achaval e Roxana Suarez, Erna e Santiago Giachello, di sicuro riusciranno ad entusiasmare la folla che ogni anno attende con trepidazione questo evento. Torino è per me un bilancio del primo trimestre tanguero, una sorta di verifica per gli artisti ed il popolo tanguero prima dell’estate. Non a caso è la location dove si presentano ad un pubblico internazionale, con significative presenze dall’Est, patria della nuova tango renaissance in Europa, alcune coreografie che domineranno i mesi a seguire. La qualità della selezione musicale è poi sempre garantita, dal vivo con il concerto dell’Ensemble Hyperion, un classico con il loro repertorio ballabile al 100% e con le selezioni di alcuni mostri sacri della consolle, in testa la leggenda Portena Feliz Picherna. Ad aumentare la quota di DNA argentino nel repertorio dei musicalizador quest’anno anche il grandissimo Marcelo Rojas. Quindi ancora qualche giorno per riprendere il fiato, al Lingotto si balla fino alle 08.00, e pronti a tuffarsi in questa nuova avventura.

Le ultime parole di Dutch "Burroughs" Schultz


Di certo non è uno dei lavori più celebri di William S. Burroughs, ma uno dei più folgoranti sì. In virtù di compendiare in un testo stringato una delle più lucide riflessioni sulla morte del geniale autore di Saint Louis. “Le ultime parole di Dutch Schultz” è una sceneggiatura per un film mai realizzato che mette al centro dell’azione l’irresistibile ascesa al potere di Dutch che, negli anni Venti, da gestore di un bar clandestino in epoca proibizionista diventa il boss di un impero della birra sfidando la malavita ed i racket dei sindacati. 1200 sono in tutto le parole pronunciate dal gangster al capezzale, in questo libro caustico senza scendere nella prosa più cerebrale di altre opere. Non a caso si parla sempre di un film da girare in bianco e nero squarciato da esplosioni di sangue. Una sorta di western contemporaneo con al centro i temi della vendetta e della rivincita, sebbene il destino sia sempre in agguato dietro l’angolo.

Aspro e rissoso, il genio di Marlowe


Edoardo II è una delle poche tragedie scritte da un personaggio quasi leggendario: Christopher Marlowe, elisabettiano maledetto “ il pioniere più ardito ed ispirato di tutta la letteratura poetica inglese”, secondo la definizione di Swinburne, libero pensatore e temperamento blasfemo, morto in circostanze poche chiare a soli ventinove anni per una pugnalata infertagli, autore di drammi grondanti lacrime, sangue e una straordinaria forza. Marlowe ( 1565 – 1593) dedicò al personaggio di Edoardo II la penultima delle sei tragedie rimaste, anche se in questo campo le attribuzioni non mancano, scritta nel 1591 in versi sciolti, e poi pubblicata nel 1593, lo stesso anno della morte dell’autore. Marlowe, nato nello stesso anno di Shakespeare, di origini plebee anche’egli, quantunque molte circostanze della sua vita siano avvolte nel mistero, ebbe carattere focoso e fu coinvolto in diverse risse, l’abitudine alle dispute e alle controversie religiose, alla meditazione sui problemi morali, favorirono in lui quellos scetticismo e quel senso di ribellione che dovettero fargli abbandonare la carriera ecclesiastica a cui probabilmente era stato indirizzato. Accanto all’attività di drammaturgo pare che ne esercitasse una più segreta per il governo. Al servizio di qualche importante personaggio, dove forse sembrò trovare il suo mondo congeniale, accentuando la sua libertà di pensiero, il suo machiavellismo di tipo elisabettiano, i suoi modi disordinati e violenti. Ebbe come compagni di baldoria, fra bevute, risse ed amori mercenari, gente d’ogni risma oltre che poeti e drammaturghi contemporanei. La sua vita licenziosa, il suo carattere aspro e rissoso, le accuse di immoralità ed empietà lo fecero, di lì a non molto, cadere in disgrazia. Strinse amicizia con il bardo Thomas Kyd, che poi lo accusò di ateismo, pericoloso per le eresie politiche, bestemmiatore, epicureo e forse la più grave di tutte, simpatizzante cattolico. Ma quel mondo di mezzani, di affari loschi, prostitute, di odi e ritorsioni, lo tradì. Infatti Marlowe fu ucciso in una rissa da taverna, pugnalato , e il suo nome coperto d’infamia anche dai posteri, tanto che trecento anni dopo gli fu negato un posto nel Poet’s Corner nell’Abbazia di Westminster. L’Edoardo II, tratto principalmente dalle Chronicles di Holinshed, cioè desunto dalle cronache della storia inglese, è un’operazione di gusto antico nella storia letteraria di questa nazione., il lavoro di Marlowe comprime i fatti storici per evidenti esigenze teatrali, dato che nella realtà i fatti storici vanno dall’ascesa al trono di Edoardo II nel 1307 alla caduta di Mortimer nel 1330, cambiando alcune circostanze, serbando però intero il significato storico del regno di Edoardo. L’ autore rivela il suo senso della storia sulla base di una situazione permanente che esprime la personale idea del tragico, nel conflitto tra l’io e la norma, immanente o trascendente, urto fra libertà e necessità, energia individuale e sfera dell’ordine, fornendo alle aspettative del pubblico chiusure edificanti consone all’etica ufficiale, ma facendo affiorare una visione della storia pari solo a quella di Shakespeare e Jonson per vigore espressivo e logica interna del suo realismo. Marlowe ha operato in interiorità nella delineazione dei suoi vari personaggi e del mondo che essi compongono, individui pieni di superbia ed orgoglio che vogliono perseguire, ad onta di tutto, quel che sta loro a cuore e che esalta la loro necessità di primeggiare, incondizionatamente, pronti ed intrepidi ad affrontare guerra e morte. La virtù del dramma sta in un suo armonico equilibrio, nella quasi assoluta assenza di enfasi e retorica, nella stringatezza delle scene che si susseguono con esemplare forza rappresentativa, delineando caratteri ed ambienti in una coralità sempre attenta alla personalità del singolo, ad ogni individualità ricca d’una sua umanissima essenza, dove ineluttabilmente tutti saranno trascinati a conclusioni d’onore e insieme di disperata solitudine a cui sono condotti per una misura errata nei rapporti dell’umana loro consuetudine, e che teatralmente raggiungerà l’acme nelle scene finali della deposizione del re e della sua morte.