domenica 1 aprile 2012

Aspro e rissoso, il genio di Marlowe


Edoardo II è una delle poche tragedie scritte da un personaggio quasi leggendario: Christopher Marlowe, elisabettiano maledetto “ il pioniere più ardito ed ispirato di tutta la letteratura poetica inglese”, secondo la definizione di Swinburne, libero pensatore e temperamento blasfemo, morto in circostanze poche chiare a soli ventinove anni per una pugnalata infertagli, autore di drammi grondanti lacrime, sangue e una straordinaria forza. Marlowe ( 1565 – 1593) dedicò al personaggio di Edoardo II la penultima delle sei tragedie rimaste, anche se in questo campo le attribuzioni non mancano, scritta nel 1591 in versi sciolti, e poi pubblicata nel 1593, lo stesso anno della morte dell’autore. Marlowe, nato nello stesso anno di Shakespeare, di origini plebee anche’egli, quantunque molte circostanze della sua vita siano avvolte nel mistero, ebbe carattere focoso e fu coinvolto in diverse risse, l’abitudine alle dispute e alle controversie religiose, alla meditazione sui problemi morali, favorirono in lui quellos scetticismo e quel senso di ribellione che dovettero fargli abbandonare la carriera ecclesiastica a cui probabilmente era stato indirizzato. Accanto all’attività di drammaturgo pare che ne esercitasse una più segreta per il governo. Al servizio di qualche importante personaggio, dove forse sembrò trovare il suo mondo congeniale, accentuando la sua libertà di pensiero, il suo machiavellismo di tipo elisabettiano, i suoi modi disordinati e violenti. Ebbe come compagni di baldoria, fra bevute, risse ed amori mercenari, gente d’ogni risma oltre che poeti e drammaturghi contemporanei. La sua vita licenziosa, il suo carattere aspro e rissoso, le accuse di immoralità ed empietà lo fecero, di lì a non molto, cadere in disgrazia. Strinse amicizia con il bardo Thomas Kyd, che poi lo accusò di ateismo, pericoloso per le eresie politiche, bestemmiatore, epicureo e forse la più grave di tutte, simpatizzante cattolico. Ma quel mondo di mezzani, di affari loschi, prostitute, di odi e ritorsioni, lo tradì. Infatti Marlowe fu ucciso in una rissa da taverna, pugnalato , e il suo nome coperto d’infamia anche dai posteri, tanto che trecento anni dopo gli fu negato un posto nel Poet’s Corner nell’Abbazia di Westminster. L’Edoardo II, tratto principalmente dalle Chronicles di Holinshed, cioè desunto dalle cronache della storia inglese, è un’operazione di gusto antico nella storia letteraria di questa nazione., il lavoro di Marlowe comprime i fatti storici per evidenti esigenze teatrali, dato che nella realtà i fatti storici vanno dall’ascesa al trono di Edoardo II nel 1307 alla caduta di Mortimer nel 1330, cambiando alcune circostanze, serbando però intero il significato storico del regno di Edoardo. L’ autore rivela il suo senso della storia sulla base di una situazione permanente che esprime la personale idea del tragico, nel conflitto tra l’io e la norma, immanente o trascendente, urto fra libertà e necessità, energia individuale e sfera dell’ordine, fornendo alle aspettative del pubblico chiusure edificanti consone all’etica ufficiale, ma facendo affiorare una visione della storia pari solo a quella di Shakespeare e Jonson per vigore espressivo e logica interna del suo realismo. Marlowe ha operato in interiorità nella delineazione dei suoi vari personaggi e del mondo che essi compongono, individui pieni di superbia ed orgoglio che vogliono perseguire, ad onta di tutto, quel che sta loro a cuore e che esalta la loro necessità di primeggiare, incondizionatamente, pronti ed intrepidi ad affrontare guerra e morte. La virtù del dramma sta in un suo armonico equilibrio, nella quasi assoluta assenza di enfasi e retorica, nella stringatezza delle scene che si susseguono con esemplare forza rappresentativa, delineando caratteri ed ambienti in una coralità sempre attenta alla personalità del singolo, ad ogni individualità ricca d’una sua umanissima essenza, dove ineluttabilmente tutti saranno trascinati a conclusioni d’onore e insieme di disperata solitudine a cui sono condotti per una misura errata nei rapporti dell’umana loro consuetudine, e che teatralmente raggiungerà l’acme nelle scene finali della deposizione del re e della sua morte.

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