Spesso nelle storie apparentemente banali si annidano drammi e violenze. Non fa eccezione Panic del regista americano Henry Bromell che annovera nel cast anche un mostro sacro del calibro di Donald Sutherland. Una pellicola priva di maniaci ed accelerazioni parossistiche ipertrucide, ma grazie a lunghi silenzi e campi lunghi tipici di tanta iconografia classica made in USA crea una tensione crescente che inevitabilmente sfocia nel dramma.
Tema dominante l'omicidio su cui si intrecciano i rapporti tra nonno e nipote. Il primo é stato un killer prezzolato che ha trasmesso i segreti del mestiere di famiglia a suo figlio che, stanco del logorio di questa professione sui generis é andato in analisi. Un ritratto di famiglia dall'interno, inconsueto e per questo affascinante che dimostra come spesso il male nasca e si nutra dell'assoluta normalità.
Un film da recuperare, girato in tono minore ma non dimesso . Poetico nel minestrone volgare di tanta produzione contemporanea a stelle e strisce.
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