Ogni tanto amo rivedermi The Killer, capolavoro di John Woo e dell'intera new ave di Hong Kong.
Una pellicola che coniuga il senso dell'amicizia di Fuller con i ritmi serrati di Siegel ed il montaggio sincopato di Peckinpah. La trama é abbastanza lineare, scontata quasi nella sua classicità. Un killer, l'immenso Chow Yun Fat, riceve l'incarico di eliminare un boss e scovatolo in un night provoca una colluttazione dove accidentalmente la cantante del locale perde la vista a causa di un proiettile vagante. I sensi di colpa fanno vacillare le sicurezze del gangster che accetta un difficile incarico per reperire i soldi con cui pagare la difficile operazione alla ragazza. Ma il destino é in agguato. L'atmosfera da melo' classica cede subito il passo ad una narrazione quasi di stampo espressionista con il suo montaggio frenetico.
L'iperrealismo, reso anche grazie ad una gragnola di proiettili e cadaveri copre di un'aura quasi soprannaturale il protagonista che in alcuni momenti pare raffigurare un silenzioso giustiziere venuto dal nulla apparentato con i bounty killer di Sergio Leone. E nel filone della classicità anche quel senso tutto virile dell'amicizia che ha fatto la fortuna di molti film western. Un'amcizia che diventa rispetto e quasi stima di un antagonista che equivale alla proiezione del lato maledetto di ognuno di noi. Il rapporto tra il commissario ed il killer si può leggere squisitamente in questo modo. Al di lá ogni possibile giudizio di valore estetico rimangono nella memoria le immagini di uno sconsolato Jeff che sembra ineluttabilmente andare incontro ad un destino esiziale, ma per questo rappresenta un eroe. Uno di quelli della mitologia classica, in un pantheon di perdenti che allinea Woo a Peckinpah.
Siamo sulle soglie del Mucchio Selvaggio. E questo basta ed avanza a fare di The Killer, un autentico film che non può mancare in ogni personale cineteca che si rispetti.
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