Una trama contorta che obbliga forse a piu'di una visione, ma sicuramente una pellicola ricca di fascino e per l'epoca sicuramente non banale e ricca di soluzioni narrative inedite.
Le tare mentali e le derive sociopatiche della personalità sono una condanna da cui non si sfugge.
In sintesi, questo il messaggio di Spasmo, uno dei lavori cosiddetti "minori"di Umberto Lenzi.
Un noir atipico, che a differenza di tanti prodotti coevi esula dal facile esibizionismo di omicidi in serie e scene truculente, per mettere a prova lo spettatore con una tensione derivante dal non detto. Il mistero é appunto ciò che non si rivela, ma di cui si avverte la presenza, ingombrante ed opprimente. Trovo assolutamente geniale il finale che coglie assolutamente di sorpresa e rivela un ambiguo rapporto fraterno che ha scatenato una spirale di omicidi ed ha disseminato la storia di un proliferare di manichini femminili orrendamente mutilati ed orrendamente simili, forse troppo, a reali fanciulle.
I due protagonisti, Robert Hoffmann e Suzy Kendall, sprizzano morbosità da tutti i pori, anche se la loro performance non é memorabile, meglio sicuramente la prova di Ivan Rassimov, uno dei grandi caratteristi del nostro cinema di genere anni'70 ( memorabile il suo viscido Tony in Roma Violenta).
Edipico e stranamente poco erotico, per gli amanti delle atmosfere e dei simboli baviani ( bambole ed uccelli impagliati ) e delle colonne sonore di Morricone, comunque resta un film imperdibile.
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