La visione corale di Nashville virata nel mondo del narcotraffico. Steven Soderbergh firma con Traffic un affresco grandioso di un'America corrotta, avvinghiata nei suoi miti e nei suoi riti agli stupefacenti ed alle logiche dello spaccio.
Il film si snoda sulle storie in parallelo di vari personaggi, un ottimo Michael Douglas nei panni di un giudice della Corte Suprema che entra nei gironi infernali dove vive sua figlia tossicodipendente, due poliziotti messicani, due agenti della DEA ed una moglie di un gangster ( grande Catherine Zeta Jones). Lo spettatore vaga dal sole di Tijuana alle ville di San Diego, passando per le buie aule del tribunale e delle stanze del potere di Washington. Trait d'union la lotta alla droga che coinvolge tutti, sia in pubblico che in privato, con il saghe dei cartelli che si mischia a quello delle famiglie, e scorre a fiumi.
Finale che per una volta tanto, mette al bando eufemismi e happy ending. Se ne sente ogni tanto il bisogno di film dove si intrecciano multistorie, multipiani narrativi e vite intrecciate.
Un pó troppo lungo, ma si lascia vedere.
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