Strano destino quello della Body Art. Non c'e' via di mezzo: o la si ama alla follia o la si odia alla follia. Di sicuro per comprendere questa controversa corrente artistica del XX sec. é necessario abbracciare quella che Lea Vergine chiama "la necessitá ( ciò che non può' non essere ) inappagata di un amore che si estende illimitatamente nel tempo ( la durata), il bisogno di essere amati comunque, per quello che si é e per quello che si vorrebbe essere, con diritti illimitati ( di qui la delusione e il fallimento inevitabili)".
Una riflessione tratta da Body Art e storie simili. Il corpo come linguaggio, un volume pubblicato nel 2000 dalla nota critica d'arte presso la casa editrice Skira. Ancora oggi lo ritengo un utile e fondamentale passe-partout per avventurarsi tra le performance di Vito Acconci o le sculture viventi di Gilbert & George, tra le azioni sentimentali di Gina Pane piuttosto che gli autoritratti di Urs Luthi. Di sicuro alcune manifestazioni dell'agire sul proprio o sull'altrui corpo possono scadere, se letti con superficialità, in degenerazioni all'insegna della perversione che può scadere in feticismo, sadomasochismo ed altre alienazioni, ma scandagliando in profondità, si nota l'atto eroico di protesta verso la società contemporanea ed in ultima istanza verso la morte. inevitabile e gratificante per gli artisti della body art, la risposta del pubblico che in molte performance tende ad interagire, ansia risultare decisivo per quello che diventa un atto di estrema generosità. Una corrente artistica che diventa in alcuni casi davvero una mistica, la poetica di un ribelle dell'arte e della società che si trova costretto ad autoflagellarsi per imporre il proprio io. Una mistica corporea fatta di secrezioni, liquidi e sangue che ne fa la più fisica di tutte le arti.
In questo libro si giunge alla conclusione che la nostra società satura di immagini non può vedere che solamente il corpo quale agorá per riflettere ed immortalare le pulsioni della società. Una società dove l'identità liquida e mutante viene messa perennemente in discussione e solo attraverso la fisicitá e l'incisione (trasfigurazione) della propria carne riesce ad affermare uno slancio vitale. Lunga vita dunque alla body art, la più postumana delle arti e lasciamo soggiogare la nostra addormentata visione alle numerose ed insostenibili immagini che hanno rappresentato e rappresentano l'apparato iconografico di questa liturgia.
Nessun commento:
Posta un commento