giovedì 13 dicembre 2012

MantovaTangoFestival: undici edizioni per vivere il tango da protagonisti




Undici edizioni rappresentano una longevità incredibile, almeno nell'universo tanguero. Quasi un'era geologica. Un periodo che può comprendere fino a 3 generazioni tanguere ed una miriade di mode, tendenze, stili di ballo, tormentino musicali. Se Mantova ha raggiunto questa età, vuol dire che a differenza di tanti altri eventi, si é ormai consolidata nella storia del tango europeo, ma sopratutto nel cuore e nell'affezione dei partecipanti, da chi vi ha presenziato in tutte le edizioni fino a coloro che ne hanno gustato il fascino anche solo per una edizione. 

Mi verrebbe quasi voglia di tirare un bilancio, posizionarmi esternamente" e riflettere su di una incredibile kermesse che mi ha visto in pista fin dall'inizio. Recordman di presenze. Un grande onore , condiviso insieme a due leggende quali Mariano Chicho Frumboli e Dana Frigoli. In realtà saremmo stati in quattro, se il mitico Felix Picherna non fosse ritornato a Buenos Aires, causa forza maggiore, rendendoci tutti più orfani, almeno dal punto di vista musicale. Anche questa edizione mantiene intatta tutta la sua magia. Si conferma un rendez vous obbligato per un pubblico internazionale che vuole respirare e vivere il tango nella sua essenza. Un confronto tra stili, universi e diversi modi di intendere il tango. La sua socialità, il suo non essere una formula snob per pochi adepti rigidamente vincolati ad una selezione pseudo darwiniana senza una commissione giudicante; E soprattutto godere del grande contributo che i maestri professionisti di questo universo che é ormai un patrimonio dell'umanità. Uno stato dell'animo, radicato a Buenos Aires, il cui contagio avviene per puro contatto o semplicemente entrando nella temperie che esso genera, sia un brano musicale che una semplice performance. 

Questa pluralità di aspetti, questa ricchezza di contenuti riescono a Mantova, come ad altri grandi eventi a dare un respiro internazionale al tango e non la mediocrità locale da patronato, a superare, grazie alla propria grandezza polemiche dall'olezzo sulfureo e fetide tipiche del tango nostrano sempiternamente arrotato sul sospetto e sull'invidia, riflesso ormai di una società precipitata sul doppio declivio del populismo e del giacobinismo. A Mantova si può notare lo sguardo meravigliato ed attonito di chi osserva rapito le performance dei grandi ballerini, gli stessi cui ha frequentato nel pomeriggio le classi per carpirne i segreti. Di chi balla fino allo sfinimento godendo dei classici e scoprendo nuovi temi a lui sconosciuti, selezionati da un parterre di dj eterogeneo, ciascuno con una propria irriducibile personalità, mai banale. In sintesi vivere il tango e non guardarlo dalla finestra o dallo scantinato del chiacchiericcio mediatico, fragile e fetido paravento di allusioni e del non detto. Un appuntamento pieno di tanti straordinari ballerini da tutto il mondo. Russia, Croazia, Francia, Svizzera, Nord Europa, Portogallo… un mix di talenti eterogenei nel segno di una unica passione. 

Tema dominante delle performance degli artisti è a mio avviso la ricerca della densità. È questo secondo me il vocabolo entro cui può racchiudersi e concludersi il senso delle esibizioni viste. Non una mera ed algida esecuzione di passi, ma la ricerca di una connessione fra l’intimo universo della singola coppia performante e il macrocosmo del pubblico. Ed anche i temi scelti rappresentavano una seducente colonna sonora di questo slancio vitale. Ho selezionati brani per tante performance e sono giunto ad una conclusione. Quando le esibizioni sono davvero speciali te ne accorgi dallo sguardo del pubblico. E’ come se la magia, il fascino di questo mistero del tango, nel momento del suo “sacramento” per eccellenza, l’esibizione, si trasferisse per incanto nei presenti. Sono i loro occhi, il loro sguardo , il vero campo d’azione dove gustare la performance. Lo specchio che restituisce, scevro dagli orpelli della fisicità plastica dell’esecuzione, il senso ultimo del brano. Mi succede ormai di frequente di godere delle performance traslate negli attimi fugaci dello sguardo del pubblico, quello stesso pubblico che al termine dello show commenta insieme quello di cui ha goduto negli attimi precedenti, o ti chiede il titolo di un brano poco consueto. 

Questo ho vissuto per l’ennesima volta nella performance di Dana Frigoli ed Adrian Ferreyra, una densità da brivido che ha raggiunto l’acme in Milonga para una Harmonica, epica e lenta cavalcata nella passionalità e teatralità del tango. Un viaggio partito da Esta noche de luna, capolavoro nella letras e nella musica, decantati da Cacareando e da Tanturi. Plasticità, sincerità nel movimento e dinamiche di connessione nella coppia in grado di sciogliere anche il clima invernale del Palabam. 

Una liturgia, quella della densità, proseguita nell’esibizione del sabato. Chicho e Juana ci introducono nel loro universo con un Fresedo incantevole, solenne, fuori dal tempo, come se fosse la musica di una pellicola d’altri tempi per affrontare nel terzo brano una lunga cavalcata dai toni psichedelici, disegnando con il movimento la musica, a rendere inscindibile il rapporto fra movimento e musica, sottolineando ogni minima variazione, sia ritmica che melodica. 

Densità nella performance di Gaston e Moira, struggente ed unica ne la resa de La Ultima Curda…dove il movimento si arrota sulla voce straordinaria, sofferta, del polaco Goyeneche. 

Mantova è anche l’occasione per gustare le selezioni di grandi musicalizador che sono gli officianti di questa liturgia. Gli impegni non mi hanno permesso di ascoltare tutti , ma quando sono andato a ballare, due  in particolare hanno reso le mie serate speciali. 

Florin con una selezione splendida, coinvolgente, con brani ricercati al fianco dei classici. Nulla di cerebrale, nulla profumava di erudizione da collezionista fine a se stesso. Ma tutta la musica correva sul binario della ricerca dell’onda della sala. Una onda dove melodia e ritmo non si ostacolavano, ma si armonizzavano per far scorrere il pubblico dolcemente verso l’alba. Quedemonos Aqui una delle perle di questa partita a scacchi di Florin con il pubblico, giocata tutto sul filo di leggere in anticipo il tema desiderato dal pubblico, ed in questo Florin è un maestro. 

Così strepitosa, è stata la regia musicale di Mauro Berardi, nella serata più raccolta della domenica. La sequenza dei brani è  stata fantastica, riempipista no stop. Un puzzle musicale dove ogni tango si legava in maniera inappuntabile all’altro, con un finale in crescendo dove la dionisiaca verve di Mauro prendeva il sopravvento, regalando momenti davvero memorabili. 

Questa undicesima edizione la ricorderò anche per il tributo all’icona, Felix Picherna, che è ritornato a Buenos Aires. Sabato in libreria si è svolta la presentazione di una monografia a lui dedicata. Un volume bellissimo, con testi di Franco Finocchiaro e foto, uno splendido bianco e nero, di Dino Vittimberga. L’occasione attraverso la carriera cinquantennale dietro la consolle di Felix per rivivere la storia del tango, di chi ha vissuto da protagonista l’epoca d’oro. Un omaggio anche nella notte del venerdì, quando la vode di Felix in Cafè Dominguez nella versione dell’Ensemble Hyperion ha scaldato ed emozionato i cuori dei presenti. Gli stessi che il giorno dopo hanno ballato con la musica dell’Ensemble Hyperion, questa volta dal vivo. Due set travolgenti con un repertorio vario e coinvolgente, senza pause, tirato, fino ad una inaspettata e splendida versione di tango negro. 

Il Mantova Tango Festival, è forse tutto questo che ho raccontato fino ad ora: l’occasione di vivere il tango da protagonisti, nella sua essenza ,e non malinconicamente da dietro una finestra.

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