martedì 20 luglio 2010

Jarman e la luce dilatata di The Last of England


Ne Last of England, i colori blu notte, malva, arancio bruciato, riesumeranno una Londra come dipinta da Turner, elargendo una visionaria bellezza, mai raggiunta prima dal regista, come se tutto venisse svolto in un sogno. Il pittore inglese serve a studiare gli effetti atmosferici, la volontà di raffigurare momenti suggestivi di fusione tra luce, colore, vapori, acqua, conduce a rinunciare sostanzialmente all'analisi dei particolari, privilegiando l'effetto generale, come nel londinese La Mattina dopo il Diluvio che intende raffigurare il momento dello sfolgorio del sole dopo il diluvio universale, il cui soggetto è però solo un pretesto per affrontare il tema della teoria della luce, ed esprimere attraverso le calde tonalità del giallo e del rosso un momento di gioia. La crudele ed amara giustapposizione delle immagini storiche di repertorio, con quelle monocrome della Gran Bretagna contemporanea degradata, mette in mostra una saga nazionale e familiare. é un film costruito mediante sequenze che sono spesso sottolineate solo tematicamente conferendo una ossatura a collage debitrice dei Super 8. Una storia d'amore muta, più limitrofa alla poesia che alla prosa, operando al contrario di un cinema legato alla parola. L'aria carnascialesca e lo spirito anarcopunk di Jubilee sono sostituite da un tetro lamento, da una rabbia non trattenuta di un documentarista poetico che si giova di un tour nella terra desolata dei docklands londinesi, nelle loro strade brulicanti di pattume, per plasmare con evidenza un'urbanità apocalittica, un'atmosfera d'isteria, paranoia e pessimismo, con uno stile da collage dada cui fa riscontro una commistione di sonorità di diversa origine ed immagini su diverso supporto e di diversa natura, unito ad un perverso piacere derivato dalla bellezza intima delle immagini filmate.

Caravaggio, il vangelo pittorico di Jarman



Un film pieno di poesia, di allusioni e rimandi artistici, affondato nello spirito della filosofia seicentesca, in quel periodo dove si è provveduto alla costruzione dei ruoli sessuali e soggettivi, ma al tempomstesso estremamente contemporaneo. Il filosofo martire con la sua concezione del mondo composto da infiniti atomi viventi, crea un background culturale con l’utilizzo non casuale o fortuito degli oggetti che corrisponde ad una precisa atmosfera pittorica e cromatica. L’attualità del film è segnata da espedienti che sconcertano lo spettatore in un primo momento, come quello di non usare sempre abiti d’epoca, di introdurre oggetti anacronistici ( auto, biciclette, la radiocronaca di un incontro di calcio) con richiami sapientemente ammiccanti, intrecciando un’atmosfera metastorica imbottita di insert spazio – cosmici, non circoscrivendo la scelta degli oggetti e dei costumi alle cose d’epoca, pareggiando lo stesso trattamento riservato dal Merisi ai soggetti biblici ed all’estetica dell’uso della storia e della religione. Jarman ha ricusato l’ambientazione storica per tenersi alla larga da qualsiasi lusinga agiografica, optando per una singolare e anomala rivisitazione degli anni sessanta in cui però accanto ad auto lucide, moto nascoste in fienili e calcolatrici da taschino, sopravvivono anche lussuosi abiti seicenteschi ed ecclesiastici perfettamente abbigliati da cattolicesimo barocco. Lo stesso regista affermò che “ nella realizzazione di questo film ho pensato molto al cinema muto, se c’è un’influenza sensibile in questo film, allora è quella del cinema di Dreyer, un cinema statico che amo moltissimo”

martedì 6 luglio 2010

The Legendary Bob Sinclar


ARRIVA IL GRANDE BOB SINCLAR...