mercoledì 31 marzo 2010

Tango: l'alma nel Silencio



Come un immaginario palindromo delle sensazioni. L’ultimo cd della Silencio Tango orchestra è un viaggio affascinante e profondo nell’universo musicale del tango, che rilegge ed attualizza con un pathos contemporaneo che non scivola mai nel patetico i grandi classici della tradizione, ma ripropone un approccio fresco e chiavi di lettura innovative nelle composizioni inedite.


Più che una semplice orchestra. Una factory nell’ontologia warholiana del termine, dove i musicisti contribuiscono ognuno con la propria visione a coprire le sfaccettature molteplici del tango. Questo emerge anche dal vivo. Se qualcuno ha avuto la fortuna di ascoltare live Silencio, noterà che oltre alla ballabilità delle esecuzioni, sussiste in ogni elemento, dal bandoneon al violino, al piano, alla voce la volontà quasi ostinata di interagire con il pubblico evocando nei vari brani, le orchestrazioni che hanno reso leggendario questo genere.


Sedici le tracce audio di questo ultimo lavoro, arricchito anche da una bonus track video. Negracha, Malandra, El Andariego i classici che sprigionano un’intensità e profondità senza eguali. Il segnale inequivocabile di una maturità raggiunta dall’orchestra che si legge anche nella scelta di affrontare El recodo, con una orchestrazione disarliana o Triunfal, un’immortale omaggio piazzolliana. Segno di maturità è permettersi anche l’introduzione di uno strumento / suono distante anni luce dall’universo tanguero: il leggendario organo hammond, popolare nella produzione di Brian Auger, Yes, Traffic e del maestro Jimmy Smith. Non è una voglia improvvisa di esotismo, ma un cristallino divertissement per esplorare nuovi territori. Un disco prezioso come già la sua confezione, uno chic digipack cartonato, anticipa.


Nella scarna discografia tanguera contemporanea, che non vuole inseguire facili mode lounge ed elettroniche, “En las almas” è un gioiello da scoprire a più riprese. Capace di liberare lo spirito tanguero in orizzonti vasti, così come annunciato dalla bella immagine in copertina. Non posso dire un punto d’arrivo per i Silencio, perché l’orchestra è sempre pronta a stupirci. Ed immagino che Roger, Dario e gli altri stiano già lavorando per il prossimo , imperdibile come sempre, lavoro.

domenica 21 marzo 2010

Tosca Tango Marathon:... la leggenda continua.



È difficile realizzare un evento indimenticabile e leggendario al primo colpo. Ma organizzare una seconda edizione superiore è impresa rara e titanica. Esistono delle eccezioni. Una di queste gemme è la Tosca Tango Marathon. Sei fanciulle simpatiche e dotate di grande affabilità e cordialità, complementari per i loro caratteri e modo di proporsi in un ambiente corroso da invidie e competitività esasperate quale il tango hanno segnato un’altra tappa indelebile nel panorama denso ed affollato di milonghe, feste, rave, festival italiani e non… Spesso il pubblico si improvvisa organizzatore di eventi, ritiene che sia sufficiente la parola maratona a creare la magia di 24 – 48 ore di ballo continuato ed allora sceglie posti squallidi o inappropriati, seleziona i partecipanti secondo improbabili criteri tango-razziali e affibbia selezioni musicali non di livello eccelso. La Tosca rovescia questo assunto. Una grande festa, che ha tutti i crismi del Festival, con un pubblico internazionale, con grandi numeri non irriguardosi della location, ma limitati solo dalla spazialità, dove anche la luce naturale durante il giorno contribuisce a rendere l’atmosfera onirica. Le numerose foto disseminate sui social network ne sono una testimonianza entusiasmante. Ma quello che la rende davvero grande è stato il ripetere quell’onda conviviale e rilassata, non competitiva e stressante, su numeri maggiori della prima edizione. Come può essere che 450 – 500 tangueros riescano a divertirsi così serenamente, scherzare, durante una tre giorni? Un pubblico di solito schivo e abbastanza chiuso, che in questa occasione ride, distende i nervi e gode nella maniera più pura del tango nella sua essenza. Fruisce e riesce ad acquisire della magia proveniente dalle note suadenti di un Di Sarli o del compas talvolta nervoso di D’Arienzo, delle melodie uniche di Fresedo. Un melange interculturale interpretato da un linguaggio universale del corpo e della mente quale il tango. Ancora per me rimane un misterioso enigma la Tosca Marathon, la sua chimica segreta che mixa alla perfezione tutto, dal team dei DJ alla location, alla scenografia. Passando per l’enogastronomia che non è affatto trascurata ma di buon livello, ritenendola a ragione un momento essenziale della convivialità. Credo che le uniche depositarie di questo graal tanguero siano le sei sacerdotesse officianti di questo rito, che potrebbero magari tirarsela, essere arroganti ed invece dispensano consigli e risolvono piccoli problemi con quel savoir faire perduto che avevano in dote le signore dei salotti letterari e musicali di una volta. Ora parte una sfida ancora più affascinante: la terza edizione. Potremmo rispondere con uno scontato modo di dire, non c’è due senza tre. Ma sono sicuro che le nostre “tosche” riusciranno ancora una volta a stupirci. Ed il pubblico a divertirsi per un evento unico, che anche quando è in corso suscita la nostalgia. Quella nostalgia generata dai momenti unici ed irripetibili che solo il tango ci offre.

Viaggio...sepolcrale



Per chi vive come me in una città, Venezia, meta assoluta di un turismo mordi e fuggi, invasivo e deleterio per la città, realmente non sostenibile, guide turistiche così alternative sono un toccasana. Viaggi finalmente lontani dai soliti logori percorsi, volti a scoprire una dimensione interiore spesso tralasciata ed alla ricerca di un itinerario doppio, mentale e fisico, forse fisiologico. Fabio Giovannini in Guida ai Cimiteri d’Europa, colma un vuoto . Quello di un carnet di viaggio dedicato ad alcuni dei luoghi più affascinanti del pianeta. Parchi rigogliosi e poco frequentati, intrisi di storia ed arte. Attraverso alcuni celebri cimiteri, Pere Lachaise, Staglieno, cimitero ebraico di Praga ( ricordi il Golem?), l’autore ci suggerisce un affascinante metodologia di turismo, davvero senza tabù.

Culture dell'Apocalisse



Esistono libri cult nell’underground. Quando per underground intendiamo un territorio costituito di teorie che non sono politically correct, che trattano di pratiche oscene e disturbanti quali necrofilia, psicopatologia criminale, stupri, satanismo e teologie nere. Se accettiamo tutto questo come un lato della dimensione umana realmente esistente che, nonostante il narcotizzante mondo dei mass media vuole mettere a tacere, emerge prepotentemente nei casi della cronaca… Allora una delle bibbie da inserire nella nostra biblioteca rigorosamente vietata alle menti lobotomizzate è “Culture dell’Apocalisse” di Adam Parfrey. Il sottotitolo di questa mia versione introvabile della Venerea Edizioni, è Antologia di Pensiero Terminale. Dominato da un nichilismo senza scampo, le perversioni più truci vengono sciorinate in un catalogo impressionante , e il messaggio sotterraneo che attraversa questo volume è il desiderio di un mondo prossimo all’apocalisse, che aspira alla sua distruzione per avere finalmente una catarsi. Una controcultura depoliticizzata che sceglie deliberatamente la violenza per redimersi, in una salvifica eucaristia al negativo. Io consiglio una lettura trasversale ed a spot, perché chi non è allenato ad un pensiero così distruttivo può rimanere spiazzato e prendere questo volume per una semplice accozzaglia di deliri. Ed allora ci si può tranquillamente dilettare con le taz di Hakim Bey o la necrofilia di Karen Greenlee, con una incursione nel satanismo e nella pornografia snuff.


Il libro va letto come l’immagine della copertina di questa edizione che ho citato: sprofondati in poltrona, fumando una sigaretta con in pugno nella mano libera una pistola… a chi sarà rivolta quell’arma?

mercoledì 10 marzo 2010

SI PUO’ ESSERE PIU’ BASTARDI DELL’ISPETTORE CLIFF?





Perché alcuni film sono stracult, neologismo che ormai rappresenta pellicole sepolte nei meandri della memoria di notti passate a sbirciare erotismi e violenze anni’70?. Semplicemente perché sono dei gioielli della nostra cinematografia, autentici capolavori se pensiamo che spesso sono stati realizzati con una penuria di mezzi che non ha eguali nelle altre cinematografie. Non fa eccezione un misconosciuto “Si può essere più bastardi dell’Ispettore Cliff?” di Massimo Dallamano, del 1972. Un superbo Ivan Rassimov, sottovalutato incomprensibilmente dal grande cinema, è un bastardissimo doppiogiochista che crea grossi problemi ad un’organizzazione criminale internazionale. Forse il lato più affascinante di questi lavori sta nel creare personaggi che non sono banali riproduzioni di modelli stranieri ma topos universali del cinema rivitalizzati con lo spirito tipicamente nostrano. Ed allora Stracult!

GOLDIE, CAPOLAVORO … TIMELESS




Drum ‘ n’ Bass is Timeless is Goldie. Un’equazione semplice ed elementare che ha sconvolto il mondo della musica elettronica ed house alla fine del millennio. È IL 1995 quando un ribelle ragazzo inglese esordisce con un caleidoscopio di violente suggestioni musicali. Hip Hop, campionamenti jazz, inserti hardcore, soul patinato, ragga, rap, la black music più disparata. Con lui, un genere fino ad allora super underground esce alla scoperto e rivela la sua potenza. Che per me risiede in quei repentini cambi di ritmo, variazioni ai limiti del tribale fatte per stordire un ascoltatore imbelle ai desideri mantra ipnotici di questo subdolo demiurgo. Dopo oltre dieci anni, questi 70 minuti di musica sconvolgono ancora, e lanciano una luce oscura ed un tetro presagio sul panorama sonoro venturo.

CELIBATE RIFLES, IL PUNK SPORCO DEI CANGURI




Il punk australiano ha segnato l’immaginario musicale di molte generazioni di rockers, anche se oggi quasi nessuno sembra più accorgersene. Forse perché nella civiltà della digitalizzazione, … stavo per parlare di cd, ma ormai si deve parlare forse solo di mp3, non è facile reperire i lavori delle band e degli artisti più significativi di questo movimento. Essenziali sono sicuramente i Celibate Rifles, risposta canguresca ed ironica ai Sex Pistols. Ritmi serrati e violenti, liriche essenziali, venature sanguigne e ribelli che strizzano l’occhio al garage rock. Sideroxylon è forse il loro album seminale , con un impeto di ribellione pura che non si ritroverà più in seguito, seppure gli ottimi livelli di un punk più metallico quale l’omonimo lp dell’84. Come in tante di quelle band coeve e provenienti dalle stesse lande, la fine della vena creativa e il calo di personalità del frontman ( nel caso in questione Damien Lovelock) segna una fine che molti giudicheranno prematura, ma … live fast die young…