martedì 12 aprile 2011

Da Belgrado arriva la Tango Renaissance






Viene dall’Est la Tango Renaissance.




Nei momenti in cui la creatività e la vitalità di un fenomeno socio - culturale sembra arrestarsi in un vicolo cieco , c’è un colpo d’ala che ne rilancia con forza la sua esistenza.




Sono reduce dal Belgrade Tango Encuentro, felice e soddisfatto di aver scoperto un mondo nuovo o una dimensione tanguera che pensavo fosse schiacciata nelle paludi nostrane delle diatribe fra scuole, stili di tango, ortodossie. Una kermesse che gli amici Darko, Sonja aiutati da un team straordinario nella freschezza e nella gioia di vivere che solo i ventenni possono avere, hanno confezionato alla perfezione.




Senza sbavature.




Dalla scelta della location di grande suggestione, all’impianto musicale , all’accoglienza degli ospiti, ad ogni dettaglio di allestimento. Offrendo un cast di maestri di altissimo livello tra cui rifulgevano in maniera assoluta Sebastian Arce e Mariana Montes. Li avevo lasciati a dicembre a Mantova, e li ritrovo in Serbia con quattro interpretazioni nuove di altrettanti temi di grande impatto, su tutti un Varela strumentale da brivido ed un D’Arienzo poco frequentato, almeno nelle milonghe italiane, con Ramos.




Ma la grande rivelazione del Belgrade Tango Encuentro è l’essenza del tango che si è respirato in questi quattro giorni. Un ballo che diventa momento di aggregazione e socialità, scambio di energie e dinamiche, riflessione su quanto appreso nelle lezioni svolte con i maestri, voglia di ballare fino alla spasimo in milonga. Vedere tanti giovani che ballano molto bene, scansare il desiderio di protagonismo di cui trasuda la nostra penisola dove dopo un anno molti iniziano contemporaneamente a svolgere il ruolo di insegnanti, organizzatori, musicalizador, boicottatori e bastian contrari di eventi altrui, mi lascia quasi stordito. Ho parlato con qualche ragazzo di Belgrado chiedendo se per caso in queste lande c’è la contrapposizione fra abbraccio chiuso ed aperto, o le tremende definizioni all’italiana milonguero e nuevista, e loro mi han detto che si balla il tango , al massimo ci può essere distinzione fra chi balla bene e chi meno. Da tempo non sentivo una carica dentro come nella notte della Gran MIlonga del Sabato. Pista piena all’inverosimile fino alle 04.00 con una intensità vista poche volte. Nessuno che viene a disturbare in consolle e rispetta le scelte del dj che sta officiando il sacro rito del porre musica. Una intensità che è emersa prepotente anche durante le esibizioni dei maestri, dove il silenzio si alternava a scroscianti e spontanei applausi.




Spesso in Italia il pubblico, mal sopporta il momento dell’esibizione dei maestri. Si vedono facce patibolari, mal di pancia , sguardi annoiati, finti snob in crisi di protagonismo morettine, considerando questo momento come deleterio all’energia della serata. Invece a Belgrado ho scoperto un pubblico che attende trepidante, in maniera messianica questo momento e ne vampirizza l’energia. Dopo la performance straordinaria di Sebastian e Mariana, si percepiva nella sala del Centro Culturale Universitario una adrenalina collettiva da concerto rock.




Un grande merito va indubbiamente allo staff che gestisce la grande macchina organizzativa, ma anche alla grande voglia di divertirsi e di socializzare dei tangueri serbi contagiosi con il loro entusiasmo. Belgrado è una città unica, viva, brulicante di giovani e di energia, di una gioventù esuberante che sa metterti subito a tuo agio. Ricca di caffè open air bagnati dal sole e rinfrescati dal vento affollati da ragazzi e ragazze pronti a socializzare e scherzare. Quando ho letto su una guida che era una città dalla grande vita notturna, pensavo che fosse una capitale ad una sola faccia, ed invece ho scoperto una metropoli da vivere 24 ore su 24.




Attendo con ansia la prossima edizione del Belgrade Tango Encuentro, che sono certo sarà ancora più straordinario. Darko, Sonja ed il team che a me fa tanto pensare alla Factory di Andy Warhol sicuramente hanno in cantiere novità che confermeranno la grande vitalità di questo movimento e del tango nel cuore dell’Europa. Ho contenuto la mia descrizione della bellezza e della simpatia del pubblico di Belgrado perché vanno scoperti dal vivo, venendo in questa kermesse.




Ed allora, nell’attesa del BTE 2012, all the best!!! Per tutti la Tangogang di Belgrado, il virus del tango ribolle già nelle vene. E come dice il pay off del flyer pubblicitario dell’incontro Different Languages Una comunicacion.

Sukia!!!



Dai torbidi meandri del passato, … dai polverosi tavolini dei barbieri di provincia…tornano le antieroine dei fumetti erotici dei ’70 ed ’80.


Mi sono imbattuto per caso in internet su un mito dei camionisti … SUKIA.


Una vampira avvenente e diabolica con le fattezze di Ornella Muti che all’epoca scuoteva l’immaginario ormonico maschile. Umorismo becero, gore & splatter, atmosfere gotiche…pagine di carte rigorosamente a bianco e nero inchiostrate malissimo…


Oggi, nell’epoca del virtuale, del sesso da Grande Fratello, quei grossolani fumetti, con sproporzioni anatomiche fanno sorridere … ma quanto si sono divertiti i cinquantenni di oggi? E soprattutto qualcuno mi spiegherà perché diavolo il gotico fa sempre rima con sesso?


Lungo i bordi... scorre la musica dei Massimo Volume



Si avvale della mano di uno dei musicisti più colti e geniali della scena nazionale, Faust’O, Lungo i Bordi, il lavoro più riuscito dei Massimo Volume.


Il secondo lavoro del gruppo bolognese entra nel cuore dei fans grazie ad un connubio riuscito fra liriche poetiche e sonorità rock che spaziano dal rumorismo più acceso allo straniamento post punk e new wave caro a Joy Division e Nick Cave. Mi verrebbe da dire man mano che la puntina avanza sul vinile, tanto il lavoro mi ricorda gli LP di una volta, si scivola “dolcemente” verso nervose schitarrate che illuminano visionari ed immaginifici film noir. La title – track è un capolavoro cupo di ansie giovanili, con il basso marziale , angosciante e metallico che ritorna anche in "Fuoco Fatuo". Chiude “Ravenna” sonnolento folk da reminiscenze d’oltreoceano. Ed allora rifletto su questo disco tutto da ascoltare e da vivere, perché come dicono i Massimo Volume .. il tempo scorre lungo i bordi… nel limite dove abita la poesia…


Dal ristorante cinese dei Chrisma



1977. Un anno leggendario per la musica rock.


Fatte le debite proporzioni, in Italia, esce Chinese Restaurant dei Chrisma. Assoluta meteora del movimento punk wave nazionale, e per questo ancora più fulgida. Nell’insolita veste di duo, Maurizio Arcieri già negli storici New Dada, e la sua compagna Christina Moser propongono sonorità dirompenti nel panorama nostrano.


Trascinato da singoli U e Lola offrono al bigotto pubblico ammorbato dai Sanremo e dai musicarelli un insolito mixer di mugolii, atmosfere decadenti ed in scena gesti allusivi di performance sessuali. I più ricorderanno anche delle provocatorie performance, con innovativi inserti elettronici, basti pensare al classico di qualche estate fa, Many Kisses. D’incanto Londra e Berlino irrompono con i Chrisma in Italia e così il riflusso continentale del punk e della new wave.


Non sono certo della reperibilità di quest’album con una copertina dai toni alla Bowie, ma riascoltare dopo anni le lascive danze elettroniche alla Alan Vega di Lola procurano ancora oggi grandi sussulti.

Voyeur, underground e osceno: Richard Kern



La New York di Richard Kern non lascia spazio all’immaginazione. È un paradiso al contrario. Landa desolata brulicante di sangue, sesso, violenza punk, nichilismo spinto all’estremo.


Un mondo dove la legge è la trasgressione. Dopo un trentennio la produzione di uno degli artisti underground per eccellenza, ancora colpisce con il suo impatto emotivo e con la sua ferocia che nel dorato yuppismo dei primi eighties creò scompiglio fra i benpensanti. Nel Lower East Side si muovono fianco a fianco artisti, tossici, pusher, prostitute in un macabro balletto che l’occhio cine e fotografico di Kern riprende come un entomologo. Il suo è un ritrattiamo spietato che denuncia uno dei mali della società capitalistica, l’equazione cinica e disperata di sesso e potere, il tutto condito da una schizofrenia che rende grottesca e parossistica la realtà.


La grande lezione impartita dal regista americano è forse quella del movimento del’77, ovvero la presa di coscienza di un antiautoritarismo in grado di fagocitare nell’autodeterminazione singola le istanze di crisi generazionali. Nei ritratti apparentemente banali di Kern e nelle sue fissità warholiane sta in germe quello che negli anni successivi sarebbe diventato uno dei tratti distintivi della società. Ovvero il voyeurismo. L’aspetto più affascinante di una cosa sta nell’atto stesso di guardarla. Da questa frase dell’artista scivolano a cascata le immagini di futuri e all’epoca inimmaginabili Grandi Fratelli, ma anche il voyeurismo domestico di Youporn, Youtube, Facebook, Twitter…


Da Goodbye 42th street con l’infilata dei teatrini off a luci rosse fino a Deathtrip , bastano pochi mezzi, ma buone idee , a scuotere la civiltà ed affilare i denti per mordere la sessualità bigotta di molte fasce della società. Il sesso di Kern non è ne patinato e castigato, né giocoso o triste, è meramente il termometro con cui misurare il grado di follia delle persone, è un cancro che si è instaurato nella carne e simbioticamente se ne nutre. Nessuno ne può fare a meno, in un crescendo di morbosità vorace e malsana. Le donne di Kern, tra cui l’attrice cantante punk no wave Lydia Lunch, sono maltrattate e violentate nella propria sessualità, ma ciò nonostante gravitano per strada ed in squallidi motel alla ricerca di uomini che possano abusarne in maniera brutale. Il paradigmatico rapporto fra padrone e schiavo, carceriere ed aguzzino, tocca in questi lavori abissi senza precedenti.


Apice dell’arte di Kern, che qui gode della collaborazione di un altro nume tutelare dell’underground, Nick Zedd, è The Manhattan Love Suicides, un’opera composta da quattro singoli episodi, summa dell’esplorazione della sessualità malsana, oscena per il semplice fatto di essere in mostra. Nel primo episodio un artista ossessionato da un individuo che lo pedina finisce per staccarsi brandelli del corpo. Il secondo celebra le voglie di una donna che si eccita in automobile, mentre nel terzo e nel quarto, di scena rispettivamente le voglie autodistruttive masochiste di una coppia e le follie necrofile dell’attore Zedd. Ma per poter onorare al meglio i capolavori underground di Zedd, bisogn guardarli e riguardarli, ogni descrizione è quasi fuorviante per il re dei voyeurismi.

L'alchimia di Peter Greenaway



Con Peter Greenaway si affronta una suggestiva commistione fra pittura e cinema che pochi registi hanno toccato nella loro carriera.


Vertice assoluto della sua arte, a mio modesto parere I Misteri del Giardino di Compton House ( The draughtman’s Contract), una pellicola del 1982 che celebra artisti quali Caravaggio, Constable, Turner, La Tour, Gainsborough ed il paesaggismo di scuola olandese ed inglese.


Come nelle altre pellicole del regista britannico, il plot narrativo diventa un mero espediente per veicolare una sovrabbondanza quasi barocca di richiami colti pittorici. Il protagonista di questo film, un pittore stesso, che verrà ucciso in un complesso gioco di intrighi è la chiave narrativa per riflettere sul sempiterno ambiguo rapporto fra committente ed artista. I


n poco più di un’ora e mezza Greenaway grazie ad immagini di rara bellezza ci catapulta nell’universo del cinema come pittura in un increbile parallelo fra reticolo ottico e macchina da presa. Ogni volta che rivedo questo film, inevitabilmente ritorno agli anni dell’università, alle lezioni di storia dell’arte, all’incanto dell’immagine, e di come si costruisce, e del fantomatico gioco fra luce ed ombra.


Mi ha sempre fatto riflettere una frase di Greenaway “ Al cinema come al teatro, il regista crea la durata in cui si colloca lo spettatore, mentre con la pittura è colui che guarda che crea la propria durata. Davanti ad un quadro si può restare pochi secondi o ore intere e la percezione sarà completamente diversa, diventando sempre più contemplativa che emotiva, un approccio più intellettuale, più cerebrale”.


Ritengo che questo assunto possa essere il passepartout per comprendere un regista spesso definito dai più cerebrale ed ostico anche se suggerisco spesso di godere della bellezza delle immagini e della insuperabile alchimia con la musica donatagli dal favoloso sodalizio con il grande Michael Nyman!

martedì 5 aprile 2011

Belgrade Tango Encuentro, l'attesa


Cresce l’attesa per il Belgrade Tango Encuentro, che vedrà scendere in pista nella capitale serba il meglio del panorama tanguero in circolazione.

È la prima volta che ci vado e sento molta emozione, anche perché le esperienze che mi hanno portato in passato a suonare nell’Europa dell’est sono state ricche di soddisfazioni. Un popolo di aficionados del 2 x 4 compost per lo più da giovani, entusiasti e d appassionati, che vivono il festival con una religiosa attesa messianica. Mi piace molto anche l’atteggiamento poco snobistico e molto friendly … spero sinceramente che rimanga tale.

A far la parte del leone tre grandi coppie di artisti che compongono la line – up principale con altrettante parejas in veste di special guest. Nel primo gruppo eccellenze assolute, cui ho già dedicato nel mio blog dei post personalizzati: Sebastian Arce e Mariana Montes, Pablo Rodriguez y Noelia Hurtado, Federico Naveira y Ines Muzzopappa. Nel secondo blocco molta curiosità per ballerini che non hyo mai visto dal vivo in esibizione: Utku Kuley y Elif Omuris, Pablito Greco y Calliope Peratinou e Lucas Gatti y Daniela Demofonti. In più il concerto show tutto da ballare degli Otros Aires.

Ed allora tutti in pista, … nell’attesa del report ad esperienza terminata.

Cramps...dagli anni'70 l'impulso per il futuro


L’etichetta della musica totale.

Così si definisce la Cramps records, una label leggendaria in Italia soprattutto perché fin dagli anni’70 ha diffuso artisti di qualità nella nostra Penisola, rendendo accessibile alle masse sonorità e stili musicali colti e mai banali.

Ho deciso di scrivere questo post dopo aver visto in bella mostra in un piccolo negozio di dischi di Mestre l’opera omnia degli Area. Basterebbe questo a fare della Cramps un mito. Si pensi che il suo catalogo esordisce con niente di meno che Arbeit Mache Frei dei già citati Area ed il lavoro omnimo di John Cage.

Sbirciare on line i tesori di cui dispone equivale davvero a fare un salto nel passato e ritrovare l’entusiasmo perso di fronte a molte banali uscite contemporanee. La discografia degli Area si è arricchita fino a raggiungere quota undici uscite con The Essential Box Set, una pubblicazione che include i sei capolavori (Arbeit Macht Frei; Caution Radiation Area; Crac!; Are(A)zione; Maledetti, ed Event ’76)più un booklet di oltre trenta pagine che racconta vita , purtroppo morte, ed i tanti miracoli di una band che con la sua comparsa ha sconvolto il quieto vivere della musica tricolore.

Imperdibili, anche se più ostici all’ascolto i lavori di Demetrio Stratos che modulava la voce come uno strumento dalle inusitate risorse e qualità. Una perla è senza dubbio il box dvd + 2 cd+ libro del concerto omaggio al grande leader degli Area. Un evento che vide scendere nel 1979 fianco a fianco artisti quali Eugenio Finardi , i Kaos Rock, Roberto Ciotti, gli Skiantos, Venditti e Vecchioni. Una testimonianza forse un po’ datata di un’epoca irripetibile che vide tanti giovani tentare l’assalto al cielo. Con la collana Nova Musicha, siamo poi dalla parte di John Cage, indiscusso maestro dell’avanguardia musicale e delle sue riflessioni sul valore ontologico del suono e degli oggetti, ma anche dell’elettronica di Robert Ashley o le ricerche di David Tudor.

Nella collana DiVerso, L’insieme delle più “significative intelligenze esecutive” internazionali per la ricerca di una diversa sonorità nell’ambito musicale e strumentale articolata in 12 volumi, attenzione puntata sulle improvvisazioni del geniale Derek Bailey e su Straws di Steve Lacy. Brani dedicati dal grande sassofonista ad icone del calibro di Stravinskij e Janis Joplin. Il progressive di casa nostra non banalizzato emerge nelle ristampe di lavori Arti + Mestieri, Roberto Ciotti e Claudio Rocchi, mentre un grande encomio va al rigore filologico ui è improntata la collana sulla musica futurista.

Infine da non perdere le compilation Rock 80, Anthologia funk ed Anthologia New wave. Impossibile rimanere impassibili ed immobili nel riscoltare Skiantos, Faust’O, Gaz Nevada, Neon Undeground Life…

Cramps… un’etichetta mai banale.