venerdì 21 maggio 2010

The Art of Mirrors, i simulacri esoterici di Jarman


Art of Mirrors contiene spunti e simulacri che ricorrono durante l'integrale opera filmica di Derek Jarman: l'esercizio di misteriosi personaggi incappucciati o mascherati che rievocano limitatamente Anger, Cocteau, Bunuel, l'uso di uno specchio che riflette luce nella camera che riprende conferendo un'astrazione materiale, e il fuoco, un motivo derivato dal suo fascino con il simbolismo junghiano, e in più il senso di un nuovo linguaggio forgiato che è fatalmente congiunto con la sua ricerca sull'alchimia, egittologia e cifratura esoterica.

Maya Deren, la musa del cinema underground


Con Meshes of the Afternoon di Maya Deren abbiamo la nascita di un'avanguardia americana molto vicina alla linea di Cocteau, e nella successiva esperienza del suo cinema da camrea integra la danza e l'espressione del corpo. Studierà poi i rituali voodoo ad Haiti e parteciperà alla effimera esperienza di associare per la prima volta i cineasti sperimentali americani, per cui costituirà sempre una musa. Il cinema della Deren nelle sue opere, fa apparire chiaramente il significato di quel cinema dell'angoscia e dell'esperienza, che rompe le convenzioni narrative e gli schemi rappresentativi di derivazione naturalistica per liberare un visionarismo chiaramente surrealista attraverso un itinerario mentale allucinatorio. il processo liberatorio dallo psichismo e il visionarismo da esso prodotto traducono in termini cinematografici uno spazio e un tempo appartenenti ad una realtà altra, diversa da quella fisica.

giovedì 20 maggio 2010

L'occhio di Stan Brakhage


L'opera di Brakhage si muove in una dimensione mitopoietica, tesa alla produzione di una coscienza universale da contrapporre all'alterità della vita divisa, alla degradazione che la società capitalistica opera su ogni espressione autenticamente vitale. il film - maker per Brakhage è un centro di sensibilità attraverso cui le visioni interiori si oggettivano, divengono prodotti sensibili in un flusso in cui la biografia dell'artista è inseparabile dal suo prodotto: ma la biografia dell'artista è la vita stessa che fluisce in un'opera identificata con il mondo. Siamo di fronte a una concezione in cui si fondono il visionarismo della tradizione letterarai anglosassone con la filosofia orientale: il flusso visionario è una pulsione cosmica che si libera attraverso l'artista e si riproduce oggettivandosi sullo schermo. Brakhage desiderava un occhio non limitato da artificiali leggi prospettiche, un occhio non pregiudicato da leggi compositive, un occhio che non risponda al nome di una qualsiasi cosa ma debba conoscere ogni oggetto incontrato nella vita attraverso un'avventura percettiva.

Twice a Man by Markopoulos


Twice a Man di Gregory Markopoulos del 1963 è una delle opere fondamentali di tutto il coinema underground. Ispirato alla leggenda di Ippolito e Fedra, il film è strutturato, grazie a un montaggio eccezionale fondato su inquadrature base, sull'alternarsi continuo di immagini che costituiscono la visualizzazione dell'attività psichico - mentale dei tre protagonisti. il montaggio, annulla ogni rapporto temporale e le immagini, costantemente sdoppiate da superfici riflettenti, travalicano anche l'ordine spaziale fluendo in una dimensione mitica. Lo sdoppiamento delle immagini, assecondato dagli straordinari effetti cromatici che Markopoulos riesce ad ottenere con un impiego perfettamente calibrato del colore, esterna coerentemente lo sdoppiamento della realtà implicito in ogni concezione narcisistica.

giovedì 13 maggio 2010

Kenneth Anger...l'undergroud da Babilonia ad Hollywood


Kenneth Anger fu assieme Ad Andy Warhol il più celebre tra i registi undergrounde dei sixties. Nipote di una costumista di cinema, è presto affascinato da Hollywood di cui celebra le nefandezze nel suo libro Hollywood Babilonia. Il suo primo film importante e pubblico è Fireworks, che interpretato dal regista stesso è una storia semiotica, senza dubbio la prim a trascrizione diretta, nel cinema, dei fantasmi omosessuali sadomasochisti. Jean Cocteau dirà del film che “tocca l’animo nel vivo, il che è cosa rara”. Questo incoraggiamento e la censura che subisce negli USA, lo inducono a stabilirsi a Parigi, dove gira Rabbit’s moon. Tra le sue altre pellicole notevoli Inauguration of the Pleasure Dome, rituale erotico-mitologico al modo di quelli che agli inizi del secolo Alesister Crowley organizzava nella sua abbazia siciliana, e saluta l’inizio dell’era dell’Acquario con Scorpio Rising, lungometraggio girato tra finzione e documentario a Brooklyn in un ambiente di motociclisti. Sulle note delle più popolari canzoni dei’60 segue la lenta e rituale vestizione di un motociclista, tutto in nero, gli stivali adorni di borchie, con catene in vita. La motocicletta è oggetto di adorazione. Scorpione è anche il motociclista, al centro di una sorta di cerimonia sacrale in una chiesa, assieme agli altri componenti di una banda metropolitana. Tutti si scatenano in un’orgia dagli aspetti farseschi, che ha il suo apice nell’unzione con senape del sedere del protagonista. Il motociclista perde il controllo della sua moto e si schianta fuori strada, arriva un’ambulanza, ma non c’è più niente da fare. Scorpio rising riflette, ironizzando sulla cultura di massa, con procedimenti simili a quelli della Pop Art. un clamoroso esempio di innovazione linguistica, che si avvale di un montaggio scandito secondo il beat del jazz sincopato, di una travolgente colonna sonora intessuta di scatenati rock and roll e di una tecnica di ripresa che alterna la fissità pop delle immagini alla loro moltiplicazione e frazionamento temporale spinto fino alla subliminalità. Il risultato complessivo è costituito dall’immediatezza visuale con cui Anger oggettiva attraverso un’emergente tecnica pop l’universo sociale nella sua negatività, un cosmo dominato dai mass media e dalla tecnologia, dagli oggetti splendenti rovesciati in feticci e dai prodotti dell’industri culturale che provocano regressioni selvagge della coscienza.