martedì 11 ottobre 2011

Blue... not only Blue


Il progetto di Jarman su Blue era di certo più palpabile dopo che egli aveva ultimato The Garden e stava lanciando Edoardo II. Un breve preambolo ad introdursi in questo profondo ed abissale universo. Il blu può darti giramenti di testa, nausea, o ipnotizzarti, dipende dalla tua capacità sensoriale o dall´attitudine alla perdita di visibilità. Potresti dire che stai guardando l´oceano, il cielo, o l´interno delle tue palpebre. Il regista Derek Jarman, ammalato di AIDS sta morendo: la sua voce sembra assumere il valore di una sorta di testamento spirituale e di documento del suo modo di affrontare l´ultimo tratto della sua parabola esistenziale. Rivivono in queste memorie sonore, alternate a brani di musica vocale e strumentale, l´avanzare inesorabile del male, il tormento della retina che si sta distaccando e della visione deformata, lo squallore della degenza in ospedale, le trafitture della flebo, il ricordo degli amici morti per la terribile malattia prima di lui. Il tutto immerso in questo blu, in cui gallegginao ricordi, amarezze, gioie trascorse e rimpianti del cineasta. Un excursus sulla pazzia di Van Gogh lo trascina in una lunga disquisizione sul giallo, il colore preferito dal pittore suicida, confrontato con l´amato blu, che a poco a poco sembra assurgere ai colori ossessivi di una soglia iniziatica che porta al di là.

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