martedì 22 novembre 2011

La notte... o della prepotenza del paesaggio


Non credo di amare i film di Antonioni per la trama o le interpretazioni seppur magistrali dei suoi attori. Ma la rappresentazione del paesaggio, il suo uso semantico e prepotente all’interno della narrazione ne fanno un unicum di un fascino senza tempo. Tra i film a cui sono di più legato c’è senza ombra di dubbio “La notte” pellicola del 1961 che vanta un cast a dir poco pazzesco: Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau, Monica Vitti. In questo capolavoro del regista ferrarese il paesaggio diventa quasi il motore degli animi dei protagonisti, ne determina le tensioni, i movimenti e più di tutto il marchio di fabbrica della produzione filmica, la celeberrima incomunicabilità. Architetture di vetro e cemento, acciaio dallo stampo futuristico trafigurano una Milano, gelida ed avara di sentimenti, che traspongono la vertigine del vuoto interiore degli uomini che la abitano. Il vagabondare diventa dispersione frammentazione, depotenziamento dell’esistenza .E realizzazione in pieno della disarmonia che deriva dalla noia di stampo moraviano. Un capolavoro dove l’alternanza dei vuoti e dei pieni realizzano la visione del regista e soprattutto la disillusione degli uomini che comprendono di essere un semplice corollario allo spazio. E neanche l’alba con la celebre scena dell’abbraccio dei due protagonisti cancellerà la visione pessimistica ed alienante della condizione umana secondo il vangelo di Antonioni. Non so se il film sia invecchiato bene. Forse alcuni lati filosofici riflettono dei dubbi e delle incertezze di chi doveva ancora affrontare le logiche del postmoderno. Ma la fotografia in bianco e nero, quella splendida di Gianni Di Venanzo e la colonna sonora del colto Gaslini, sconfiggono alla grande l’usura del tempo.

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