lunedì 23 gennaio 2012

Quando la Mala Ordina...


Un piccolo ed insignificante magnaccia, che agli occhi degli altri criminali svolge una professione che non è da uomini, viene coinvolto suo malgrado in una storia più grande del suo profilo. E tutto suo malgrado. Dopo avergli ucciso moglie e figlia però qualcosa cambia, e l’uomo da niente si trasforma in uno spietato ed infallibile giustiziere che elimina uno ad uno tutti i suoi nemici, consapevole però che alla fine nulla cambierà. Anzi, la spirale di violenza lo soffocherà riportandolo alla dimensione di un semplice ingranaggio di una quotidianità fatta di soprusi, droga, e crudeltà. Questa in sintesi la trama dello straordinario La Mala Ordina, secondo capitolo della trilogia di Fernando Di Leo che tira fuori dal cilindro una pellicola tesa, nervosa ed asciutta dove gli attori protagonisti e non si rendono esecutori di scene da antologia, sia in quelle d’azione che nei dialoghi. Non solo Mario Adorf sugli scudi nel personaggio del macrò Luca Canali, da storia del cinema d’azione il suo inseguimento incollato al parabrezza di un ambulanza che ha spalmato davanti ai suoi occhi coniuge e prole, ma anche un monumentale Adolfo Celi nei panni del boss Don Vito Tressoldi che perde con il passare dei minuti la sicurezza dell’infallibilità del suo piano per fregare l’americano. Ma come non ricordare i due killer americani, Henry Silva e Woody Strode, che Di Leo tratteggia, divertendosi, in maniera surreale caricandoli degli stereotipi da gangster oltreoceano. E poi la musica di Trovajoli con un leit motiv che quando ti entra nel cervello te lo consuma con il suo battito funkeggiante. Gli inseguimenti, la violenza gratuita ed ostentata, iperrealista e tragica, il destino segnato dei personaggi sono tutti elementi della poetica del maestro Di Leo che hanno influenzato il grande Tarantino secondo sua stessa ammissione. E non deve essere difficile immaginarsi Quentin sbellicarsi dalle risate guardando il confronto fra Adorf e Celi, fra Adorf e Silva/Strode. Una metamorfosi progressiva che fa del magnaccia quasi un super eroe, un irreale paladino della giustizia ( quale?). Un crescendo che ridicolizza in alcuni tratti perfino Siegel ed il noir francese. …l’avrò visto almeno 50 volte, ma riesce sempre ad affascinarmi. Grande Fernando. Quanti registi hanno contratto debiti con la tua poetica, con il tuo talento unico naturale di girare scene d’azione e di violenza. Ed ancora una volta la critica mainstream deve ripercorrere i suoi passi. Quando mi parlano di noir contemporanei o di action movie italiani mi viene assolutamente da ridere. Fossero in grado di farne una di scena alla Di Leo. Gloria eterna alla Daunia film.

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