sabato 18 agosto 2012

Furore, l'epica "popolare"di John Ford


Ci sono dei film  a cui l'aggettivo epico calza a pennello. Vero, ne sono pochi, e forse nell'ultimo ventennio ne sono usciti in numero ridotto, specie se paragonato all'epoca d'oro di Hollywood. Furore é uno di questi. 

Uno dei capolavori del leggendario John Ford, la quintessenza del cinema americano, che nel 1940 riadattó per il grande schermo un celebre romanzo di Steinbeck. La trama vede al centro dell'azione Henry Fonda nei panni di Tom joad, un galeotto che scontata la condanna torna dalla sua famiglia e la trova vessata dalla banche e dalla siccità. Siamo nel pieno della Grande Depressione e l'unico modo per dare una svolta ad una misera esistenza  é cambiare vita. Ma per la povera gente questo sembra impossibile, per quel brulicare di persone affamate che perdono " gli anelli più deboli "della catena lungo la strada pare un miraggio. Solo la caparbietà e l'ostinazione di mamma Joad riescono a tenere unita la famiglia. Giunti in un campo profughi Tom cerca di bloccare dei sobillatori  e successivamente inseguito dalla polizia perché ha assassinato uno dei responsabili della morte del suo amico , il predicatore Casey, decide di continuare il suo viaggio verso il sogno americano. 

Di questo capolavoro mi affascinano le immagini corali, il popolo in marcia, il senso quasi biblico della fotografia di Gregg Toland. La mia associazione di idee riporta i grandi piani immagine con l'esodo del popolo d'Israele nei Dieci Comandamenti. Credo che nessun regista abbia mai eguagliato la grandezza di Ford nel rendere monumentale gli umili, il popolo che attraverso una lotta contro un destino ingrato ed avverso cerca di riscattarsi. 

Certo, forse alcune interpretazioni del capolavoro di Steinbeck ed il finale ottimistico appaiono ingenue a distanza di anni, ma la voglia di solidarietà e giustizia al servizio della povera gente rimane ancora oggi di grande attualità. Un film dedicato a quanti riducono John Ford ad un mero regista di western o un conservatore pieno di pregiudizi e non vogliono leggerne l'alfiere ed il cantore della religiosità laica. Quel sentimento endemico e sotterraneo che ha costruito il popolo americano.

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