Il Greenwich Village di New York e l’avanguardia artistica dei ’70. Quell’epoca frenetica e tumultuosa, madida di creatività, sudore coreutico e ardente voglia di bruciare in un attimo lavita. Concentrando l’esistenza in pochi fiammanti momenti. E’questa l’immagine persistente che riaffiora nella mia mente, quando cerco, con sforzi nostalgici, di pensare al Festival di Siracusa appena trascorso. Un tempo breve, eppure lontano, forse perché eventi consumati in frenetica suzione dilatano e sfaldano le normali coordinate cron ologiche. Ma a differenza del Greenwich Village, e dei suoi loft e docks in cemento e metallo, qui parlo di un tessuto paesaggistico che è un tripudio magico di sole, acqua, storia, leggenda, colori e profumi mediterranei. Quel mediterraneo dove la Storia con la S maiuscola dialoga con la natura proponendosi come crocevia e culla di una delle più fiorenti ed affascinanti culture di ogni tempo. E naturalmente musica che in questo caso è il tango dagli esordi alle origini. Ho partecipato in tutte e tre le edizioni del Festival ed ogni volta provo emozioni differenti accomunate da un fattore comune: la bellezza delle location e la grande “foga” creativa del pubblico. Nel 2009, mi ha confermato l’organizzatore Claudio Forte, un ballerino fantastico, tra i pochi ad avere un self control totale sulla situazione, si sono avvicendati nella serata clou del sabato oltre 1.000 partecipanti di cui oltre il 70% stranieri. Cifre impressionanti ed altisonanti che però vanno aldilà del dato numerico in sé, perché questo magma di tangueros è composto da aficionados di altissimo livello sia tecnico che emotivo. Dalla posizione privilegiata che occupo ( la consolle), ho scrutato un gotha tanguero mondiale, voleos francesi che si intrecciano a volcadas argentine, piernazos dal nord europa dialogano con ganchos dal Nord America… Siracusa vuol dire anche riuscire a gratificare nella realtà quelli che spesso per lunghi mesi rimangono solo contatti virtuali di facebook, una rete dalle cui maglie è arduo divincolarsi… Mi sorprende e mi fa sorridere quando talvolta qualcuno mi si avvicina chiedendo se sono la rispondeza reale della mia ombra mediatica. Quel Greenwich Village di cui parlavo all’inizio post lo trovo in specie nella milonga pomeridiana. Una zattera ancorata nella Riviera Dionisio il Grande, dove lo spirito dionisiaco dei tangueri esplode in tutta la sua esuberanza. Malgrado il sole allo zenit e la salsedine che traspira dalla pista immersa nell’acqua, decine di ballerini interpretano come se fosse il tango più significativo della vita ogni brano delle tande proposte dal cast dei dj. È come se il tango qui a Siracusa si interrogasse sul suo futuro, facesse il punto sulla sua evoluzione e maturità. E a questo punto scattano quelle famose domande esistenzial-tanguere: ma come ca..o fanno a ballare sotto questo caldo?, ma a quello piace veramente il tango o lo fa solo per rimorchiare?, ma come si fa ad essere così maniaco. Quesiti votati a totale assenza di risposte. Procedo per scomparti liberi. Le esibizioni. Tre grandi coppie nel cast ufficiale cui si sono alternate delle sorprese. Pablo Inza ed Eugenia con un tango intimo e sui generis dove la ricerca del movimento e della sua fluidità sposa l’esplorazione di sonorità inedite per questi ambiti ( Vedi Capossela). Mario Consiglieri e Anabella Diaz, virgulti virtuosi capaci di rendere lievi ed affabili combinazioni ardite e musicalità complesse. Julio Balmaceda che stante la dolce attesa di Corina ha performato con Agustina, ballerina che a dispetto di una giovanissima età propone una grande personalità, e con Milena Plebs. Julio e Milena un connubio di storia, classe ed intensità emotiva a voler illustrare a tutti i neofiti il significato, non didascalico della storia del tango. E poi, ricollegandomi ad un vecchio post, i fantastici quattro: Fausto e Veronica, con interpretazioni di classici anni’30 che nella sobrietà di movimento, illustrano sentimento e pathos del tango.Barbara, dopo un pezzo con Julio balla finalmente, per l’attesa del pubblico, con Claudio. D’Arienzo / Maure che srotola la sua intensità e bellezza ritmica man mano che i due artisti disegnano le note con movimenti puri ed eterei. Ciliegina sulla torta i voleos che Claudio e Barbara pennellano puntualmente sulle battute del pezzo. Un corpo solo fuso a raccontare quanto e perché può essere affascinante ed unico questo ballo.
Come posso però dimenticare i momenti più intimi e raccolti, lontano dal frastuono della milonga, abbacinato dalla bellezza del luogo, dall’incredibile parco archeologico alla Piazza del Duomo. Ma semplicemente trovare la classicità spingendo lo sguardo all’infinito dalla terrazza dell’Etrangers adinseguire una mescola divina di colori e profumi, dall’azzurro del cielo al bianco sfavillante della calce, dal delicato odore delle zagare al pungente afrore del fico d’india.
Ed il Castello Maniace? Ogni sera si ballava incuranti di essere in una favola, con alle spalle la storia che con fugace vista ti ritempra della fatica e delle stanchezze di qeuste interminabili maratone tanguere. Forse non c’è niente di più semplice, nondimeno affascinante, di ballare fino al sorgere dell’alba, anzi del giorno, con la luce naturale che lentamente, ma con guizzo finale scalza i fari artificiali. Queste sono poche, ma profonde impressioni che porterò sempre con me del Festival di Siracusa Terza Edizione, sperando di esserci anche nella prossima. A Claudio che forse ingenuamente mi chiede, … e se viene l’anno prossimo più gente? Vorrei rispondergli ma la magia di Siracusa non si farà mica intimorire da qualche numero.
Un abbraccio a voi Claudio e Barbara , …quando si dice per una coppia “In un tango la vita!”.
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