martedì 1 giugno 2010

Sebastiane, la passione secondo Jarman... in latino


Con Sebastiane l'entusiasmo delicato camp, e generalizzato mitologicamente e personalmente dei super 8 è rimpiazzato da un'aggressiva immediatezza che è allo stesso tempo istituzionale e socio - politica. E' dunque non tanto un'opera perforata da intellettualismi ( magari fisicizzati nella corporabilità) o percorsa da effimere presenze ( ectoplasmi mentali), quanto un film di confine, certificato sulla soglia che disgiunge due momenti storico - artistici personali, nella scelta di promuovere una carriera nel mondo delle arti tradizionali o innestarsi d'altro canto nel versante della produzione cinematografica di lungometraggi come regista, ossia responsabile a tutto tondo del lavoro. Forse il suo aspetto più innovativo è la conversazione in latino, sebbene sia un latino delle strade, irruente, impudico, appropriato per risse e tafferugli, parlato con un curioso e pesante accento anglosassone, da cui ci si dovrebbe aspettare rimbombi lontani, e in cambio si fonde stranamente, senza referenti esterni, con la negligenza quotidiana e la micromimica dei soldati romani, come se Jarman avesse forgiato uno slang nuovo di una comunità unica, e non cercato di recuperare una lingua estinta da secoli, trascinata solo dalla pratica scolastica. La seduzione della leggendaria Passio S.Sebastiani è stata enorme e, dal Medioevo ai nostri giorni, ha trovato amplissimo impiego, ricorda che alla fine del III sec. una giovane guardia pretoriana, Sebastiano dalla bella capigliatura, caro al cuore di Diocleziano e Massimiano, diede scandalo assistendo i cristiani carcerati e convertendo nobili e magistrati. La pertinacia del martirio, la tracotanza orgogliosa di essere immolato ad ogni costo, la voluttà degli estremi.

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