domenica 11 marzo 2012

L'immenso fascino della violenza: "IL GRANDE RACKET


Autentico capolavoro del genere e punto di non ritorno di tutto il poliziesco all'italiana. Enzo G.Castellari con "Il Grande Racket" firma una pellicola che sublima nella violenza gratuita tutte le tensioni di un'epoca, dal cittadino che vuole e non riesce a ribellarsi, alle forze dell'ordine impotenti contro l'escalation del crimine, passando per la ribellione politicizzata giovanile.


In questo film il regista amato alla follia da Quentin Tarantino coniuga il cinema d'azione a stelle strisce con un talento tutto nostrano esemplificando il tema della vendetta. Uno dei plot narrativi che al cinema tengono avvinghiati di più alla poltrona lo spettatore. Ralenti nelle sparatorie e nel favoloso incipit, monologhi da villani bondiani, invincibilità da supereroe, tutto rende grandioso il film , a partire dal protagonista, un monumentale ed atletico Fabio Testi, che non si ripeterà mai più a questi livelli. Ma tutto il cast é da paura: Vincent Gardenia, Orso Maria Guerrini, Sal Borgese, Glauco Onorato… Per non parlare della soundtrack, un violentissimo rock con sfumature hard prog dei fratelli De Angelis.


Le mazze da baseball che irrompono nella scena iniziale ci fanno capire che per tutto il film saremo costretti ad assistere a violenze di ogni genere, di tipo sessuale con due stupri da antologia da far impallidire il cinema rape americano, a rivolte studentesche in stile Arancia meccanica. Le due donne uccise, la moglie del campione olimpionico di tiro al piattello e l'illibata figlia dell'oste , scateneranno una violenza a tratti peggiore di quella portata. E'il crimine l'unico driver dell'esistenza, ed al crimine si risponde con il crimine. Una mossa spiazzante per i criminali, che si trovano a fronteggiare una gragnola di colpi scaricatagli addosso da uno squadrone di giustizieri capitanati dall'ex maresciallo Palmieri ( Testi). Quest'ultimo, deluso da una legge che sembra fatta apposta per difendere i delinquenti, arruola una gang di vittime del racket destinata a diventare in breve un ensemble di carnefici senza alcuna morale se non quella della vendetta. Inevitabile un finale grand guignolesco dove si andrá stoicamente incontro alla morte come ne "Il mucchio selvaggio", una carneficina da cui non si salverà nessuno.


Ho inseguito questo film per anni, poi scovatolo nei meandri del web, me lo sono sparato due volte di seguito. Ho ancora negli occhi l'incredibile scena di Testi che rotola per il dirupo dentro l'auto girata con una abilitá estrema per l'epoca e la scena al ralenti della sparatoria finale. Non ho che una sola parola: capolavoro! Rincoglioniti dai Moretti e dai Montalbano contemporanei, dalle commediole di Verdone e dalle troiate di Moccia e delle minchiate pseudoimpegnate dal cinema nostrano, volgo lo sguardo indietro ad un periodo glorioso del nostro cinema che ha dato del filo ad torcere anche al poliziesco americano. Con Il grande racket abbiamo un film degno di sedere al fianco dei capolavori di Siegel e di Hill.


Immenso.


Sopratutto nel disegnare dei personaggi compiuti a 360. E'questa l'estremizzazione della violenza. Ogni singola vita racchiude un dramma infernale, una vita segnata dal male e della sofferenza che si può concludere solo nella violenza. Quanto di Castellari c'é nella realtà contemporanea, forse troppo!

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