mercoledì 19 gennaio 2011
Immorale solo il pregiudizio: la visione di Walerian Borowczyk
Senza dubbio uno dei registi più originali e incatalogabili degli anni settanta è sicuramente Walerian Borowczyk, che a qualcuno potrebbe destare sopite pruderie adolescenziali. Protagonista assoluto delle sue pellicole è il corpo femminile declinato sempre in una veste di profonda sensualità che per pudore della visione non sconfina nell’hardcore. L’autore polacco, nato negli anni ’20 del secolo scorso a Poznan, usa il suo occhio come un microscopio da entomologo che, con algida perfezione scruta gli oggetti e tratta i corpi a guisa di questi ultimi. E’ innegabile che il voyeurismo sia una componente fondamentale della propria filmografia, intrecciato ad un erotismo colto e raffinato che media le pulsioni sessuali alla ritualità e ad un cerimoniale di libidine che nel gesto sembra soddisfare qualsiasi afflato carnale. La donna diventa un vortice che crea la narrazione e manovra come un burattinaio i destini degli uomini che si muovono quasi sempre in ambienti chiusi e circoscritti, a significare una claustrofobia dei sentimenti. L’immoralismo e l’ostentato erotismo dei corpi muliebri sono una vera celebrazione della bellezza del nudo femminile e non l’esibizione mercanteggiata di corpi oggetto. Chi ha visto alcuni dei lavori più significativi di Borowczyk come Goto, Racconti Immorali, Interno di un Convento, fino al più spinto La Bestia non può non constatare la solennità dell’azione erotica che trasgredisce codici e leggi del vivere civile in una liturgia quasi religiosa. Che addirittura negli animali diverrà una metafora dal terribile ed inquietante realismo magico. Importante è la convinzione del regista che il film rappresenta un’arte omogenea come la pittura e non un’azione di sintesi. Approfondire la filmografia di Borowczyk che oggi pare caduto in un dimenticatoio vuol dire anche intendere la mentalità di un’epoca ed i suoi tabù, che la pornografia del desiderio e delle immagini di oggi ha obliato. In ordine cronologico, l’arrampicata sociale senza scrupoli del criminale protagonista di Goto, l’isola dell’amore, che cede il passo ai Racconti immorali, campionario di violenze e lussurie a cavallo di vari secoli, dalla sanguinaria Bathory agli amplessi incestuosi di Lucrezia Borgia. Storia di un peccato, l’amore che forse riesce a redimere un’esistenza fatta di infanticidio, prostituzione, crimine, ma diventa passione zoofila e puro desiderio, sebbene vissuto oniricamente ne La Bestia. E da una novella di Stendahl, Interno di un convento, amara parabola sulle ipocrisie e le censure che spesso conducono, sotto il peso dei sospetti, all’annientamento di sé, come nel suicidio delle due suore protagoniste. “Non esiste una sola verità filosofica, ma molte verità. Io sono completamente e assolutamente autonomo e giudico per quello che vedo, per quello che mi dimostra la gente, per l’esperienza di vita insomma”. Una riflessione di un autore che andrebbe riscoperto.
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