lunedì 11 marzo 2013

Peter Greenaway...giocando diabolicamente con l'acqua





Si può amare alla follia un regista solo per la qualità delle sue immagini, non tenendo in considerazione alcuna il plot narrativo?

È una scelta quasi obbligata se si parla del genio Peter Greenaway. La sua produzione filmica, artistica, è lussuregginate nel sue vortice barocco di immagini, nella sua concatenazione astratto – matematica dei segni. Mi ricordo una bellissima mostra sul regista inglese agli antichi granai della Giudecca a Venezia, credo fosse stata allestita nei primi ’90. Lì si proiettava un film incredibile, Giochi nell’acqua, che in lingua originale si intitola Drowing by numbers, ovvero fa riferimento a quei puzzle colorati numerati che disegnano i bambini. Lo shock è stato forte. Le immagini, l’acqua uno degli elementi che narrativamente meglio rendono il pensiero di Greenaway mi avevano travolto. Era come se ogni singolo fotogramma avesse una lettura ed una vita a sé stante. La trama, che spesso nei suoi lavori è marginale, quasi scompariva, inghiottita dall’alchemico conteggio della bambina che compare ad inizio film. 

Tre donne, nonna, madre e nipote, che equivalgono altresì alle tre età della vita sono legate fra di loro da un cordone ombelicale strettissimo: lo stesso nome , il medesimo delitto ( tutte e tre hanno ucciso il rispettivo marito) e lo stesso uomo desiderato ( il medico legale). Quest’ultimo verrà ucciso e sacrificato idealmente dalle tre donne in una cerimonia notturna, … la notte è un altro topos di Greenaway dove si disperdono le ceneri dei consorti… e lucean le stelle e la bambina continua a saltare la corda contando cento astri. Greenaway si ama o si odia, ma per provare un sentimento così intenso bisogna abbandonarsi alle sue riflessioni. È un giallista delle immagini, dissemina i suoi film di tableaux vivants, rievocazioni pittoriche, riferimenti e citazioni colte. Il piacere sta nel sublimare con l’occhio l’estasi delle immagini , immagini che si auto completano e si autoalimentano senza bisogno di nutrimento narrativo. 

Non è un regista facile, bisogna aver secondo me almeno sostenuto 3-4 esami di storia dell’arte moderna e barocca per comprenderne almeno  in parte i suoi giochi mentali…ma se per una volta pensiamo alla possibilità che un film riesca ad assumere la dignità e la possanza espressiva di un quadro, allora non possiamo che gioire davanti a Greenaway. Ed immergerci, annegare nell’acqua per rinascere a nuova vita. Come se questo sacro liquido ci riportasse indietro alla cascata amniotica, al mistero dell’esistenza. 

Un mistero che rimane forse un gioco… un terrificante gioco alchemico di vita e morte.

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