lunedì 25 marzo 2013

David Bowie, Low per aprire le porte dell'infinito



David Bowie apre con Low la sua trilogia berlinese. Un album splendido, perfetto e quasi autoreferenziale nella sua algida bellezza. Dopo i lustrini del glam rock sposa le idee di Brian Eno, le sonorità rarefatte e robotiche di certa musica tedesca industriale ed elettronica ( Kraftwerk, Neu...), ma soprattutto le suggestioni di una città che rappresenta uno stato dell´anima. Il nichilismo e la svolta decadente post movimentista, l´apatia esistenziale , oltre al riflusso ed alla violenza congenita nella società post industriale. Sono queste le tematiche di un disco che ci regala perle , non solo della discografia di Bowie ma dell´ intera scena rock. 

Speed of life, Sound of vision, Be my Wife, Art Decade ma oltre ogni cosa, I sei minuti rarefatti e cerebrali di Warszawa. Il delirio post tecnologico è in agguato, Bowie lo anticipa. Mai forse il Duca Bianco è stato così ispirato in termini di genesi creativa, sia dal punto di vista musicale che concettuale. Ritengo che la New Wave ed il post punk siano iniziati proprio con Low. La Mitteleuropa alla ricerca del suo posto nell´Olimpo del rock. 

È un disco da brividi, chiudere gli occhi e provare una vertigine sonora, che ti avvolge fino ad un flebile afflato di congedo. Quando si dice avvicinarsi con la musica alle porte della percezione, alle porte dell´infinito.

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