venerdì 26 agosto 2011

Jennifer...il vortice della follia


Un misconosciuto eppure geniale noir italiano degli anni'70 con una superba Edwige Fenech.


Essenziale, rapido, con un ritmo da far invidia a ben più blasonate pellicole prende il titolo da un verso del poema Ossian. La trama é un classico di quegli anni: una modella va a vivere con una collega in un condominio dove gli inquilini sono vittime di un maniaco, ed addirittura nell'appartamento dove qualche giorno prima é stata assassinata una mulatta. Il passato torbido ritorna prepotentemente nella vita di Jennifer (Fenech) attraverso un suo vecchio fidanzato a capo di una setta dedita a riti orgiastici. Questi la perseguita con pesanti avance e non si rassegna neanche quando la modella lo rifiuta essendosi innamorata di un altro uomo che, casi della vita, é l'architetto che ha progettato il condominio. Dopo l'omicidio dell'amica e coinquilina di Jennifer, i sospetti cadono prima sul suo vecchio amante, e successivamente sull'architetto ( con la fobia del sangue) ma la realtà sarà ben diversa. Finale improvviso con ricchi colpi di scena.


Psicologicamente il thriller regge il gioco, grazie ad un'ambientazione indovinata, gli spazi claustrofobici dell'appartamento e le penombre create ad arte con i giochi di luci., senza voler trascurare una splendida colonna sonora firmata da Bruno Nicolai, un leit motiv ossessivo ed ipnotico fonte di ispirazione di tanti noir tricolori a venire. Naturalmente non manca un doppio filo conduttore che sotterraneamente, ma neanche troppo dominerà la scena cinematografica del genere: tare psichiche/deviazioni della personalità e sessualità ostentata. Ma su quest'ultimo punto dobbiamo ricordarci che siamo in un decennio, gli anni'70, dominati dalle voglie di liberazione ( sessuale, costumi, istituzioni e convenzioni pubbliche e private) e da una grande violenza ( soprattutto all'esterno). L'introduzione di alcune figure "trasgressive"per la società del tempo, servono anche ad introdurre alcuni luoghi comuni ed una certa retorica piccolo borghese. Il fotografo omosessuale interpretato da Oreste Lionello, presso cui lavorano le due modelle, queste ultime simbolo di una troppo repentina emancipazione dei costumi, sono viste dalla società come corruttrici della morale specialmente dalle persone più anziane. Inoltre il regista inserisce un altro tema che costituirà un filone a parte, ovvero il saffismo con il rapporto ambiguo tra la figlia del violinista e la protagonista.


Giallo godibilissimo che ci fa riflettere su come nel passato con mezzi ridotti si riuscivano a confezionare piccoli capolavori di cui la nostra cinematografia contemporanea ne é ormai priva, asservita alle logiche del politically correct, del cinepattone e dell'impegno sociale radical chic.


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