domenica 13 febbraio 2011

Il suicidio delle convenzioni...Faust'O



È passato un trentennio da Suicidio, il folgorante esordio di Faust’O, alias Fausto Rossi, il più geniale dandy decadente del pop colto italiano. Ricco di suggestioni “alte” da David Bowie ai primi straordinari Ultravox, è un album che d’incanto ci riporta alla trilogia berlinese del Duca Bianco, e nel contempo ci fa riflettere su come anche in Italia in quel periodo si produceva musica di grande qualità. Il pentagramma su cui Faust’O costruisce il suo capolavoro è intessuto di incubi esistenziali, nevrosi tipicamente new wave, inquietitudine elettronica alla Kraftwerk.


Ma ciò che a distanza di tempo mi provoca un brivido è il fatto che Suicidio è incredibilmente avanti nel tempo, almeno di un ventennio se si leggono i testi o si pensa, riflettendo sulla parabola artistica di Faust’O al suo sberleffo nel corso di una sua partecipazione a Sanremo. Benvenuti tra i rifiuti, Piccolo Lord, Godi, sono le gemme di una voce ansiosa ed insofferente che come una meteora attraversa la nostra coscienza musicale.


Il gelo mi paralizza la memoria in una fredda giornata di febbraio, deve essere anche colpa di Faust’O…

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