Chi e cosa spinge lo Stalker ad addentrarsi nella Zona? La voglia di conoscere meglio se stessi, la propria anima od inconscio o la voglia di vedere esauditi i propri desideri pi ù inconfessabili?
Con questa pellicola, il grande Andrej Tarkovskij costruisce una grandiosa metafora dell’uomo e della sua ricerca della felicità. La trama sembra quasi un pretesto per costruirvi una filosofia dell’esistenza. Una Zona proibita diventa terreno di caccia per gli stalker, delle misteriose guide fuorilegge che vi accompagnano curiosi o scienziati alla ricerca di segreti. Uno di questo accompagna uno scrittore in cerca di fama ed uno studioso che vuole approfondire delle ricerche su questo luogo misterioso. Dopo aver aggirato blocchi e controlli penetrano nel territorio e raggiungono anche la mitica Stanza del Desiderio al cui cospetto però, nessuno vuole entrare. I tre sfiancati dal lungo cammino tornano indietro, rinfacciandosi ognuno delle accuse di viltà. Se i due visitatori sono tacciati di lucido raziocinio, lo stalker è imputato di speculare sulle aspirazioni e sui desideri altrui. Quando quest’ultimo torna a casa si addormenta, e la pellicola si chiude con una scena che ha fatto scuola: la sua bambina con il solo sguardo sposta gli oggetti e fa cadere un bicchiere.
Una delle chiuse più suggestive mi lancia una riflessione ancora una volta sulla straordinaria arte di questo regista russo che spesso i più considerano cerebrale benché è tra i pochi al pari di Bergman e Bresson a saper affrescare compiutamente l’animo umano. Solo in apparenza Stalker può sembrare un film di fantascienza, il genere è destrutturato per lasciare spazio alla riflessione sulla dicotomia tra spirito e materia, un dualismo che nella Russia degli anni’70 doveva essere molto corrente. Il protagonista, attraverso questa zona simula il suo immaginario, il suo universo creandolo coinvolgendo i visitatori come pedine del suo viaggio onirico. Lo spettatore rimarrà dopo la visione con il dubbio se la Stanza esista davvero oppure no.
Ritengo che per Tarkovskij ciò sia marginale, un pretesto per parlare delle debolezze dell’uomo. Come dice egli stesso “ Questo mondo non è un luogo dove vivere felici. Non è stato creato per la felicità dell’uomo, anche se sono in molti a pensare che sia questa la ragione dell’esistenza. Penso che siamo su questa terra per combattere affinchè dentro di noi lottino il Bene e il Male, perché il bene vinca e noi ci si arricchisca spiritualmente.
Nessun commento:
Posta un commento